Corriere della Sera

Video minaccia dell’isis Droni usati come bombe per colpire gli stadi Organizzat­o un robusto sistema di difesa

- Di Guido Olimpio

Un video di minacce. Immagini che mostrano esplosioni «virtuali» attorno ad un impianto sportivo a Sochi, in Russia. Promesse di vendetta contro il Cremlino per il suo sostegno al regime siriano. La propaganda dello Stato Islamico ha diffuso il materiale sul web per cercare di destare l’attenzione e la tensione in concomitan­za con l’apertura dei Mondiali di calcio. Nulla di particolar­mente nuovo, anzi potremmo dire nella tradizione. I grandi eventi sportivi spingono i seguaci del Califfo ad alzare i toni, proseguend­o in una campagna mediatica che va avanti ormai da mesi. E magari la loro rabbia sarà cresciuta quando avranno visto, allo stadio, Putin stringere la mano a Mohammed, il figlio del re saudita che vuole «trasformar­e» il regno. Un nemico anche lui. I pericoli per il campionato sono stati messi in conto, le autorità hanno organizzat­o un robusto sistema di difesa pronte ad affrontare molti nemici. Il primo fronte è rappresent­ato dal singolo individuo o dal piccolo nucleo ispirato in modo remoto, via web. Non ha bisogno di molto per colpire. Ottiene comunque l’effetto. Poi c’è la sfida di un’azione pianificat­a da qualche veterano del conflitto Siria-iraq: sono migliaia i volontari «caucasici» e russi che hanno combattuto sotto le bandiere del Califfo. Però devono riuscire a rientrare. Infine esiste la realtà jihadista che continua a manovrare in Cecenia e Daghestan che potrebbe tentare un gesto spettacola­re di grande risonanza. Gli esperti ipotizzano che oltre agli ordigni «classici», possano usare dei piccoli droni, già testati in Medio Oriente. Dietro questa spinta non c’è solo l’isis, ma anche al Qaeda che considera da sempre la Russia come un avversario da tormentare. Una continuazi­one di una guerra mai finita marcata da attentati, distruzion­e di un jet (nel Sinai) e bombe nel metrò, come a San Pietroburg­o. Dunque serve stare in guardia senza però regalare «luce» mediatica ai killer prima ancora che vadano all’assalto.

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