L’argentina stecca e Messi sbaglia un rigore
Servizi, commenti e pagelle
MOSCA Quando Leo Messi è uscito dal campo sembrava portare il peso di due avvoltoi sopra le spalle: Cristiano Ronaldo e Diego Maradona. La sera prima CR7 gli aveva spedito in mondovisione l’esultanza della capra (Goat, acronimo di Greatest of all times, il più grande di tutti i tempi), rompendo il patto non scritto: non ci amiamo ma ci ignoriamo. Il portoghese gli aveva anche messo addosso la pressione dei 3 gol segnati alla Spagna, prendendosi un altro vantaggio per il Pallone d’oro dopo il colpaccio della terza Champions consecutiva, vinta a Kiev.
Il Pelusa, invece, stava impettito dentro lo stadio dello Spartak, osannato dai tifosi che pensano che Messi è un grandissimo ma che Diego è sempre Diego. Estasiato, sembrava un direttore d’orchestra e agitava la mano per aria durante i cori in suo onore, integrato nel ruolo preferito: il protagonista. Di fronte c’era l’islanda, che ai suoi tempi pescava salmoni.
Sarà stato tutto questo a far diventare di piombo le gambe di Leo al 17’ della ripresa, sul rigore caduto dal cielo per un contatto tra Magnusson e Meza? È possibile, perché questo non è stato un buon anno per Messi, chiuso con la conquista della Liga ma anche con la disfatta del Barcellona contro la Roma in Champions. E con la Nazionale, poi, non è mai andata bene: 3 finali perse in 3 anni (Mondiale 2014 e due Coppa America), una media-gol che è 0,92 a partita con il Barça e 0,5 con l’argentina. Oppure è che Messi sa fare tutto, ma i rigori non sono la sua forza: ne ha sbagliati 4 degli ultimi 7 che ha tirato. Fatto sta che Messi ha calciato uno straccio bagnato e il portiere Halldorsson è diventato l’eroe d’islanda, perché alla fine della partita la sua parata è stata ricompensata con un punto prezioso per la classifica dei magnifici esordienti.
«L’errore mi fa male — ha detto Leo a fine gara — e mi sento responsabile. Contro l’islanda potevamo e dovevamo vincere. Ora dobbiamo crescere per le prossime due gare». Croazia e Nigeria, però, non sono avversarie semplici.
La realtà è che Messi sembra stanco, logorato dal confronto quotidiano con Cristiano Ronaldo. Il portoghese ci sguazza, Leo molto meno. C’è poi un problema squisitamente tattico, che la partita di ieri ha messo crudelmente in luce. L’argentina è l’unica squadra del calcio moderno che si permette di togliere tre giocatori dalla fase difensiva: Messi, Aguero e Di Maria. Per questo il c.t. Sampaoli si è inventato una formazione senza capo né coda, con la coppia Biglia-mascherano per proteggere la difesa senza qualità. Due argini che, però, sono estremamente lenti nel far partire l’azione (con Banega è andata meno peggio). L’islanda, così, ha potuto giocare il suo calcio: chiusura degli spazi, difesa organizzata, raddoppi e aiuti continui, attacco immediato della respinta in caso di lancio lungo. Un gruppo monolitico, che ha permesso all’altro 10, l’ottimo Gylfi Sigurdsson, di fare un figurone.
E adesso? Sampaoli è sulla graticola: il 73% di possesso palla sterile è una colpa, non un merito. Dybala per 90’ in panchina, con in campo brocchi come Meza o svogliati come Di Maria, è già diventato un capo d’accusa.
Colpa mia «L’errore fa male, è solo colpa mia. Ora pensiamo alle prossime partite»