Buongiorno realtà
Cinquantenni (bellissime) e anziani signori, cantanti e genitori con figli. «Ci interessano le persone vere», dicono Dolce e Gabbana
MILANO Ci sono Monica Bellucci e Naomi Campbell, vestite da uomo. Ed Henrique Palacios, un altro top model «storico», con moglie e figli. Le nonne-runner del parco. Coppie di lei e lui che si tengono la mano. Madri e figlie a braccetto. I figli «di» (di Steve Wonder o Boris Becker) che sorridono. Tommaso Paradiso, senza i Thegiornalisti, che ci prova ad essere disinvolto. Come Cosmo, che va spedito. Influencer e Youtube vlogger sempre a proprio agio sotto i riflettori. E poi perfetti sconosciuti, timidi ma neppure tanto. Ed è «il quinto stato» di Dolce & Gabbana quando irrompono sulla passerella e il messaggio passa forte e chiaro: parlare a tutti, di qualsiasi età, sesso, razza, amori. «Questo è la moda — dicono gli stilisti —. Ed è la nostra fortuna perché oggi possiamo e vogliamo regalare un sogno di vita reale». «E se è politicamente scorretto — rispondono a chi riportava le dichiarazioni sul valore della famiglia tradizionale del neo ministro Fontana — a noi non importa. Facciamo il nostro lavoro raccontando il mondo vero e accettando diversità e opposti».
La moda verità allora, e gli abiti, di conseguenza, nel rispetto delle personalità prima (liberi tutti di scegliere) e poi del dna stilistico che è anche questo un’evoluzione degli ossimori di un vocabolario più che riconoscibile: sacro e profano, Nord e Sud, principi e contadini, ragione e sentimento, castità e seduzione, mondano e spirituale, oro e nero, opulenza e sartorialità.
Ci sono i completi di broccato e i jeans patchwork, le ciabatte e gli smoking, le tute e i bomber, i giubbotti di pelle
e le vestaglie di seta, i doppiopetto di taffettà colorato e le tshirt over size, i pigiama eleganti e le bermuda da basket. Il tutto filtrato da ricami e cuori e cartoline dall’italia e madonne e campi di fragole e rigatoni. Un gran lavoro sul linguaggio D&G aggiornato. «La nostra verità», sentenziano. Che è un vissuto anche nei rapporti umani: «Era dal 1992, e proprio per noi, che Monica (Bellucci ndr) non sfilava. È bastata una semplice telefonata». Ed eccola qui «bella come allora», a 53 anni. Non come Selena Gomez: per un commento su di lei di Stefano Gabbana i social si sono scatenati: «Ho detto che con quell’abito stava male. Non capisco l’accanimento. Sul web è così, si sa. E comunque in due giorni ho guadagnato 120 mila follower!». Verità & sincerità by D&G. Bingo.
Giornata verità se anche Donatella Versace ha cominciato e sente. a credere Emozionarsi Senza in vergognarsi ciò che ed emozionare. vede delle sono il proprie valore fragilità aggiunto che là dove anzi l’imperfezione e la diversità sono il segno distintivo. Anacronistico chiudersi. Moderno aprirsi. Un messaggio politico che la stilista fa con la sua moda, ma non solo: «Sembro io stessa una donna strong, in realtà ho le mie fragilità e le mie insicurezze. Ma non me ne vergogno, fanno parte di me. E le mostro perché sono il linguaggio della conversazione che oggi tutti dovrebbero avere con il mondo. Credo che la moda, ma sopratutto i designer tutti abbiano ricominciato a conversare con la gente». Non un’ispirazione dunque, ma tante emozioni per esplorare le imperfezioni. D’altronde la perfezione «annoia» e i contorni stancano. E
l’uomo, giovane ma anche no,
oggi ha capito che può uscire dagli schemi e osare: un completo formale ma a tinte fluo o di pitone, o un jeans over sotto il blazer, una felpa accesa, le bermuda da skater a fiori, i cappelli da pescatori, i pigiami stampati, le braghe di pizzo. Senza mai perdere di vista la mascolinità con «una nuova nonchalance».
Francesco Risso per Marni fa invece un bellissimo lavoro sull’ossessione per lo sport che sta contaminando l’universo mondo. E lo fa con quel tocco di tenerezza e ironia che riesce a dire qualcosa in più su un argomento così inflazionato. La riflessione è sincera, fantasiosa. Per argomentarla questo ragazzo saggio e sognatore tira fuori Italo Calvino ed Egon Schiele e le immagini di uno sport vecchio e nuovo (dal cricket al calcio, dal golf al nuoto, dal pingpong al pilates). Poi filtra tutto con l’imperfezione (umana) dei corpi: alti e bassi, magri e grassi, belli è brutti, invitando all’accettazione. Stratificando, togliendo e aggiungendo ecco pantaloni gonfi che ricordano le divise di certi eroi del football Anni Venti, le casacche abbozzate del baseball, le maglie del rugby, le canotte dei runner, gli accappatoi da boxeur, le cuffie dei nuotatori. Capi non finiti, sbilenchi, cascanti, decadenti ma indubbiamente teneri e romantici e immaginabili sotto le giacche over delle divise da sfilata di una surreale cerimonia di apertura nelle strade della vita.
Lo sport come uniforme, senza compromessi anche da Neil Barrett, un lavoro più preciso e pulito. Ma non per questo meno sincero: perfetti bomber neoprene, trench gommati, bermuda tecniche, sneaker scuba, tute-muta.