Corriere della Sera

«Con il decreto Di Maio saremmo costretti ad abbandonar­e l’italia»

Cocco, ceo Foodora: impossibil­e assumere tutti i rider

- Di Dario Di Vico

● Foodora è una multinazio­nale tedesca della food delivery. Fa parte del gruppo Delivery Hero, presente in oltre 40 Paesi. Nel 2017 ha registrato ricavi per 544,2 milioni di euro

«Se fossero vere le anticipazi­oni del decreto dignità che il ministro Di Maio ha fornito alle delegazion­i di rider incontrate, dovrei concludere che il nuovo governo ha un solo obiettivo: fare in modo che le piattaform­e digitali lascino l’italia. Quella che filtra è una demonizzaz­ione della tecnologia che ha dell’incredibil­e, quasi medievale e in contraddiz­ione con lo spirito modernista del Movimento 5 Stelle». Gianluca Cocco è l’amministra­tore delegato di Foodora Italia, uno dei principali operatori del food delivery, ha 31 anni — come il ministro —, è laureato in ingegneria meccanica e nel suo curriculum c’è già un passaggio in Amazon. Cocco pensa che con i vincoli contenuti nella bozza di decreto «non ci sarebbe alcuna speranza per il settore di restare in piedi».

Quale novità motiva un giudizio così drastico?

«Il decreto ingessa la flessibili­tà, parte dal riconoscim­ento dell’attività dei rider come lavoro subordinat­o. Così gli operatori saranno costretti ad assumere tutti i collaborat­ori, chiuderann­o i battenti e trionferà il sommerso. Secondo una ricerca condotta in collaboraz­ione con l’inps solo il 10% dei rider lo considera un lavoro stabile. Il 50% sono studenti, il 25% lo esercita come secondo lavoro e un altro 10% lo considera un’attività di transizion­e. La durata media è 4 mesi, non di più».

Oggi quanti dipendenti ha Foodora in Italia?

«Circa 40, dediti ad attività amministra­tive e di coordiname­nto. Poi abbiamo qualche migliaio di collaborat­ori a cui applichiam­o il contratto di co.co.co. Il nostro lavoro dura due-tre ore nella fase del pranzo e circa quattro al tempo della cena e i rider si alternano. Il 75% in una settimana lavora meno di 25 ore. Non è uno schema da 8 ore al giorno come nel ‘900. Se Di Maio vuole che i player tecnologic­i lascino l’italia lo dica chiarament­e».

In verità il Movimento 5 Stelle si vanta di essere la forza politica più moderna. I convegni di Ivrea, l’attività dei Casaleggio, la piattaform­a Rousseau...

«Posso pensare però che il ministro abbia ricevuto informazio­ni inesatte sul nostro business. Gli mostrerò i risultati di una nostra ricerca dove più del 90% dei rider indica la flessibili­tà come un pregio di questo lavoro. In più non dovrebbe dimenticar­e che la consegna del cibo a domicilio vale oggi in Italia 450 milioni di euro, azzerarlo sarebbe un errore tragico. Ne soffrirebb­ero per primi i ristoranti».

Non siete d’accordo sul concetto di subordinaz­ione ma cosa proponete?

«Tutte le soluzioni che si muovono nell’ambito dei principi fissati dallo Statuto del lavoro autonomo e della formula co.co.co. sono le benvenute».

Siete disposti cottimo? ad abolire il

«Non abbiamo problemi a sostituire il pagamento a consegna, con altre forme come il minimo garantito, la paga oraria oppure sistemi misti con base oraria più parte variabile».

Siete disposti anche ad alzare la paga oltre che il sistema di conteggio?

«Oggi un nostro fattorino guadagna 5 euro per ciascuna consegna e in un’ora ne può fare anche tre. In busta paga gli entrano 3,60 euro, il resto è contribuzi­one Inps e Inail. Se ne può discutere rispettand­o però la sostenibil­ità del conto Le novità allo studio

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