Studio e computer, alle radici della super Germania
Da Klinsmann a Klopp ai giovani tecnici: la scuola tedesca inizia col Messico la corsa a un altro titolo
MOSCA In molti casi restano quelli del calzino bianco corto, portato con i sandali, e della Coca-cola bevuta insieme alla carbonara. Non c’è dubbio, però, che nel calcio i tedeschi siano diventati incredibilmente alla moda. Chi è l’allenatore più cool, anche nella sconfitta? Jurgen Klopp, naturlich.
Oggi (17 ora italiana, stadio Luzhniki) la Nazionale campione del mondo in carica inizia il suo Mondiale contro il Messico. La Germania è tra le grandi favorite anche se non ha una stella planetaria, come lo sono Messi, Cristiano Ronaldo e Neymar. La forza dei tedeschi, però, non è più la solidità stile carro armato, come era una volta. La Germania gioca un gran calcio e sforna a getto continuo giocatori di qualità. Basti pensare che Mario Goetze, che ha segnato il gol decisivo a Brasile 2014, nella finale contro l’argentina, questa volta non è stato nemmeno convocato.
Sanno tutti che la rinascita del calcio tedesco inizia con un investimento di circa 800 milioni di euro, fatto nel 2002, Innovativa
La Germania ha metodi di allenamento innovativi e utilizza i «big data» per preparare le partite. Nella foto Sebastian Rudy, 28 anni, e lo juventino Sami Khedira, 31 anni
Getty Images) per aprire centri di formazione seminati in tutto il Paese. La rivoluzione copernicana continua con la scelta di Jurgen Klinsmann come c.t., l’uomo che ha portato la modernità (informatica, nutrizione, sociologia) e combattuto ferocemente ogni tabù pallonaro. Per esempio, l’imposizione che la seconda maglia, storicamente verde, fosse per un paio d’anni rossa, colore che mette ottimismo. Il lavoro, proseguito dall’amico Loew, ha portato al titolo mondiale in Brasile, ma non solo. C’è stata una vera e propria fioritura di giovani e giovanissimi allenatori: Domenico Tedesco dello Schalke 04 ha 32 anni; Julian Nagelsmann dell’hoffenheim, il più affascinante di tutti per i metodi ai limiti della psicologia, 30; Jurgen Klopp, a 51 anni, è diventato il vecchio saggio; Thomas Tuchel, che fu il suo successore al Borussia Dortmund, ora è arrivato al Paris Saint-germain a 44; persino il Bayern ha sentisono to la necessità di svecchiarsi, passando da Heynckes a Niko Kovac (46).
L’età, da sola, non basta. Quello che conta sono i metodi. In passato Mehmet Scholl — che non intendeva essere benevolo — ha parlato di «allenatori laptop». Però lo sviluppo dell’informatica applicata al calcio non è una barzelletta, è realtà. La Nazionale di Loew utilizza, come ormai tutti i grandi club, i «big data» per preparare le partite. I dati non più, semplicemente, i tiri in porta o i chilometri percorsi, il possesso palla o i corner battuti. Il valore degli «expected goal», ad esempio, dà una misura della reale efficacia di un attaccante: il terreno viene diviso in zone che hanno ciascuna una diversa percentuale di realizzazione. Lo stesso avviene con le parate del portiere. E così via.
Cosa può opporre il Messico alla «New Wave» del calcio tedesco? Di sicuro la sua tradizione di Mondiali, forse l’esperienza di Rafa Marquez che, se dovesse giocare anche solo un minuto, entrerebbe in una schiera ristretta, quella dei giocatori che sono entrati in campo in 5 Mondiali diversi: il portiere Carvajal, anche lui messicano, e Lothar Matthaeus, capitano della Germania campione del mondo a Italia 90. Se poi Marquez dovesse anche segnare, visto che è un difensore che sa attaccare, si troverebbe in un club ancora più esclusivo. Quello di chi ha fatto gol in 4 Mondiali diversi: Pelé, Seeler, Klose e Cristiano Ronaldo.