Pochi soldi, nessuna rete Come sono soli i nostri artisti
Dai dati Ipsos, la scelta di Sisal di sostenere il contemporaneo
La solitudine dell’artista. Se l’arte contemporanea italiana si facesse un autoritratto, probabilmente lo intitolerebbe così. Perché in un mercato che, nel resto del mondo, supera il miliardo e mezzo di dollari in valore, con un incremento del 130% dagli anni Novanta ad oggi e un’ulteriore crescita del 70% prevista da qui al 2026, oggi l’italia, il Paese dell’arte per antonomasia, non riesce a creare un circuito virtuoso e a valorizzare il talento dei propri artisti. Che, a loro volta, faticano a fare lavoro di squadra, a creare sinergie tra loro e con gli altri attori del mondo dell’arte e a vincere la forte concorrenza straniera.
Risorse pubbliche limitate, una fiscalità penalizzante e una programmazione discontinua sono tra le cause della scarsa vitalità del mercato dell’arte contemporanea italiana. Al punto da costringere l’artista ad autopromuoversi per sopperire alla debolezza degli investimenti pubblici e privati nel settore e a cercare altre fonti di reddito per sopravvivere, finendo spesso con il dedicare un tempo solo residuale alla propria creatività artistica.
È questo il ritratto dell’arte contemporanea italiana che emerge dalla ricerca condotta da Ipsos per conto del Gruppo Sisal, partner di Manifesta 12, e presentata a Palermo come parte di un più ampio progetto di valorizzazione delle nostre opere d’arte contemporanea, che non riescono a emergere neanche nel confronto con la forza e la celebrità della magnifica produzione artistica italiana del passato.
«Il nostro approccio aziendale ci porta a lavorare con i fatti, i dati e le evidenze» spiega Emilio Petrone, ad del Gruppo Sisal. «Questa ricerca è stata una forma di ascolto per noi e ci ha permesso di individuare le principali aree su cui focalizzare il nostro progetto di supporto allo sviluppo dell’arte contemporanea italiana, come forma di restituzione al Paese di una grande eccellenza culturale e nazionale da valorizzare».
In questa prospettiva, il Gruppo Sisal ha creato a Palermo un apposito spazio espositivo, il Sisal Art Place, che sarà operativo per tutta la durata di Manifesta all’interno di un’elegante dimora storica
A Palazzo Drago Il Gruppo, partner di Manifesta, ospita la mostra «Sguardi», 29 opere video italiane
del centro, Palazzo Drago, riaperto al pubblico proprio per l’occasione, dopo un restauro durato undici anni e realizzato interamente dal suo proprietario, Giovanni Bertolino, innamorato di questo «scrigno che Sisal ha riempito di gioie». Ovvero ventisette opere di ventinove video artisti italiani, che con i loro «Sguardi» dagli anni 60 a oggi costruiscono un rapporto visivo, «mnemonico-emozionale», tra immagine e realtà. Un percorso cronologico curato dal gallerista Francesco Pantaleone e da Mario Gorni, presidente onorario dell’archivio Storico Careof, puntando più sull’impatto emotivo che sulle tematiche, con spirito di denuncia sociale o con ironia. Per mostrare il ruolo dell’artista, il suo «contributo di senso, valore aggiuntivo, verità altra» come dice Pantaleone, e la sua «capacità di fare sintesi di una realtà esistenziale molto complessa come la nostra, spesso difficile da comprendere appieno» come spiega Gorni.
Se l’italia vuole crearsi un’identità nazionale forte anche nel mondo dell’arte contemporanea, infatti, istituzioni, galleristi, curatori e accademia devono tornare a spingere sulla centralità dell’artista. Contaminando, nutrendo relazioni internazionali, promuovendo la visibilità dei talenti autentici e stimolando processi virtuosi di mecenatismo che contribuiscano alla concreta solidità economica di chi fa arte per professione. Solo così quell’autoritratto potrà avere un titolo diverso.