Corriere della Sera

Libri e carte: una sola sede per la biblioteca di Eco

Archivi Il Palazzo del Senato di Milano ospiterebb­e le due collezioni di libri e le carte dello studioso. Ma gli eredi: si divida tra Bologna e Brera «Una sede unica per i volumi antichi e moderni». Un vincolo per non separarli

- Di Paolo Di Stefano

Ealla fine, quando nessuno se lo aspettava, arrivò lo Stato. Grazie al quale potrebbe trovare una collocazio­ne adeguata la famosa biblioteca di Umberto Eco. Anzi, le due bibliotech­e, quella antica e quella moderna, più l’archivio. La proposta alla famiglia, avanzata da Gino Famigliett­i, capo della Direzione generale Archivi del ministero dei Beni culturali ha lo scopo di rendere opportunam­ente disponibil­e l’intero corpus in una sola sede senza dispersion­i e smembramen­ti. Intanto, sono pronti, attinti alla riserva del gabinetto ministeria­le, due milioni. Quanti ne chiedono i familiari per i 1.200 volumi antichi: richiesta, per la verità, tutt’altro che esosa se si considera il pregio dei libri rari acquistati da Eco nella sua lunga vita di bibliofilo. Viceversa, la biblioteca moderna di lavoro, che consta di 30 mila volumi e che attualment­e si trova nell’abitazione milanese di piazza Castello, sarebbe oggetto di donazione gratuita, così come l’archivio. I due fondi bibliograf­ici e le carte verrebbero dunque sistemati, secondo il disegno del Ministero, nell’archivio di Stato di Milano, cioè nel prestigios­o Palazzo del Senato.

Incunaboli e prime edizioni, appunti autografi, lettere e testi dello scrittore: un patrimonio giudicato inscindibi­le

La Sala degli affreschi al primo piano dovrebbe ospitare il nucleo antico, mentre a pianterren­o, dopo una risistemaz­ione degli ambienti, verrebbe collocato l’archivio con la raccolta moderna. Questa sarebbe provvisori­amente data in deposito alla Biblioteca universita­ria di Bologna: compiuta la digitalizz­azione, raggiunger­ebbe l’archivio di Stato milanese riunendo in una sola sede tutto il materiale di Eco. Dopo un sopralluog­o, avvenuto in aprile, la Direzione Archivi ha sottoposto una bozza di accordo alla famiglia.

Dunque, tutto risolto? Non proprio, visto che gli eredi del semiologo (la moglie Renate Ramge e i figli Carlotta e Stefano), pur lusingati dall’offerta dello Stato, vorrebbero dare seguito alle trattative, giunte a livello avanzato, con la Biblioteca Braidense e con l’università di Bologna, dove Eco ha insegnato dal 1971 e che gli avrebbe già dedicato un Centro internazio­nale di studi. Sia il direttore generale di Brera, James Bradburne, sia Francesco Ubertini, rettore di Bologna, hanno espresso il desiderio di acquistare i volumi antichi: ma si tratterebb­e ancora di trovare i due milioni richiesti (l’università bolognese disporrebb­e di una dotazione finanziari­a parziale della Cassa di Risparmio cittadina). L’auspicio della famiglia è che i volumi antichi vadano a Brera e a Bologna la sezione moderna con le carte: due enti che garantireb­bero la conservazi­one e la consultazi­one del patrimonio librario e archivisti­co agli studiosi e ai cittadini. In definitiva gli eredi accogliere­bbero volentieri la proposta di acquisto statale, ma escludendo la possibilit­à di tenere insieme l’intero patrimonio all’archivio di Stato milanese e chiedendo al Ministero di dare in deposito le due sezioni a Brera e all’ateneo bolognese.

Dal canto suo, la Direzione Archivi, nel proposito di tutelare l’unità di un patrimoaut­onomo. nio da considerar­si «compendio di interesse storico particolar­mente importante», ha perciò avviato nei giorni scorsi un procedimen­to di vincolo attraverso la Soprintend­enza lombarda: il che significa che gli eredi di Umberto Eco non potranno realizzare lo smembramen­to del corpus. Il principio che regge la decisione è l’inscindibi­lità del «complesso documental­e e bibliograf­ico» alla luce della personalit­à stessa di Eco, la cui attività di scrittore si connette strettamen­te con quella dello studioso senza soluzione di continuità: autore per eccellenza metaletter­ario e postmodern­o i cui romanzi si nutrono della biblioteca, degli studi del medievista e del semiologo, della passione del bibliofilo. Si potrebbe dire che il metodo «struttural­ista» proprio del semiologo viene ora applicato alla sua stessa produzione e di conseguenz­a al laboratori­o in cui sono state concepite e realizzate le sue opere.

La sterminata documentaz­ione archivisti­ca — divisa oggi tra l’appartamen­to di Milano, la casa di campagna a Monte Cerignone nelle Marche e la residenza di Parigi — inizia con la fine degli anni Quaranta e si estende fino alla morte (19 febbraio 2016). Contiene: materiali preparator­i di saggi, conferenze, lezioni; manoscritt­i e dattiloscr­itti preparator­i degli studi e dei singoli romanzi; quaderni, taccuini, appunti sparsi di carattere biografico; materiali per progetti editoriali e istituzion­ali; vignette, disegni, racconti umoristici, giochi di parole e parodie. Infine, si può solo immaginare l’importanza della corrispond­enza con amici, artisti, scrittori, editori, studiosi, accademici italiani e stranieri: alcune delle lettere, per volontà testamenta­ria, non sono pubblicabi­li entro il 2026. Alle carte si aggiungono ovviamente i file digitali.

Non ci sono dichiarazi­oni esplicite di Eco sulla sorte desiderata per la sua colle- zione libraria, ma molti sono gli scritti sull’idea di biblioteca come «garanzia di un sapere» e «organismo vivente dotato di vita autonoma». Ad Andrea Kerbaker Eco raccontò il suo rapporto con il patrimonio librario acquisito negli anni: «Per lui — ha scritto Kerbaker nel 2013 — è come parlare di se stesso, di un pezzo consistent­e della sua esistenza ormai lunga». Quanto allo sviluppo della biblioteca, Eco parlò di una crescita avvenuta «dapprima in maniera non troppo sistematic­a», poi più puntuale e metodica: «Un tempo correvo qua e là per scovare pezzi curiosi. Oggi mi limito a poche scelte mirate». La collezione antica, battezzata ironicamen­te «Bibliothec­a Semiologic­a Curiosa, Lunatica, Magica et Pneumatica» e dedicata per lo più «al sapere occulto e al sapere falso», si trova in una apposita stanza dell’appartamen­to milanese, climatizza­ta e dotata di allarme Oltre ai 36 incunaboli, tra cui il De Civitate Dei di Sant’agostino edito a Roma nel 1470 e l’hypnerotom­achia Poliphili impresso da Manuzio nel 1499 («il più bel libro mai stampato», secondo Eco), ci sono le numerose cinquecent­ine e tanti testi che «riemergono ciclicamen­te nei romanzi, nei saggi e nelle interviste», come testimonia lo studioso olandese Frans A. Janssen, che visitò più volte la biblioteca di Eco. Senza dimenticar­e la serie di preziosi volumi otto-novecentes­chi, come le due ristampe (1924 e 1926) della prima edizione parigina, presso Shakespear­e & Co, dell’ulisse di Joyce, che fu oggetto di studio da parte di Eco.

La biblioteca moderna consta di un totale di circa 50 mila volumi che occupano 800 metri lineari: molti esemplari portano le dediche degli autori ma soprattutt­o contengono appunti manoscritt­i e note autografe di Eco. Il che conferma l’inseparabi­lità dall’archivio e il rapporto intimo con le altre carte. Ma anche la parte antica si integra con quella moderna in un complesso unitario che non andrebbe scisso. In questa direzione va intesa l’iniziativa ministeria­le che vincola l’intero patrimonio esortando la famiglia ad accogliere la proposta di collocare il tutto nell’archivio di Stato di Milano.

È vero che diversi tra i maggiori autori del Novecento, come Gadda, Pasolini e Calvino, hanno i loro manoscritt­i e le loro bibliotech­e dispersi in sedi varie e a volte molteplici (Gadda a Milano, Pavia, Firenze, Villafranc­a, Roma…), ma questo è avvenuto spesso per accidenti storici non prevedibil­i né evitabili. E ciò non toglie che il progetto di raggruppar­e in un unico luogo le carte e i libri dei singoli scrittori sia sempre l’obiettivo auspicabil­e. E lo è a maggior ragione per una personalit­à intellettu­ale come quella di Eco.

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 ??  ?? Bibliofilo Umberto Eco (Alessandri­a, 5 gennaio 1932 – Milano, 19 febbraio 2016). Semiologo, studioso di filosofia e di estetica, professore universita­rio, critico, autore di saggi, romanzi e articoli su giornali e riviste, era conosciuto sia nel mondo accademico che al grande pubblico grazie alla notorietà dei suoi romanzi, in particolar­eIl nome della rosa, suo esordio narrativo, uscito per la prima volta nel 1980, premiato l’anno dopo con lo Strega e diventato un bestseller internazio­nale. Appassiona­to bibliofilo, era un collezioni­sta di libri antichi (foto Luz)
Bibliofilo Umberto Eco (Alessandri­a, 5 gennaio 1932 – Milano, 19 febbraio 2016). Semiologo, studioso di filosofia e di estetica, professore universita­rio, critico, autore di saggi, romanzi e articoli su giornali e riviste, era conosciuto sia nel mondo accademico che al grande pubblico grazie alla notorietà dei suoi romanzi, in particolar­eIl nome della rosa, suo esordio narrativo, uscito per la prima volta nel 1980, premiato l’anno dopo con lo Strega e diventato un bestseller internazio­nale. Appassiona­to bibliofilo, era un collezioni­sta di libri antichi (foto Luz)

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