Corriere della Sera

Profughi, una crisi europea

- Di Danilo Taino a pagina 8

Negli anni scorsi, Roma e Berlino hanno «salvato l’onore dell’europa» di fronte all’onda di migranti che ha attraversa­to il Mediterran­eo. Lo sostennero Giorgio Napolitano, Jean-claude Juncker, Wolfgang Schäuble: l’italia con gli interventi in mare, la Germania rifiutando di chiudere le porte ai rifugiati nell’estate 2015. Ora che la questione dell’immigrazio­ne è diventata il primo punto di conflitto in entrambi i Paesi, il tema si è innalzato a crisi della Ue in piena regola. Seria, probabilme­nte la più seria nella storia dell’unione. Dieci giorni, tra oggi e il consiglio europeo del 28-29 giugno, potrebbero segnare il futuro dell’europa.

L’accelerazi­one a una crisi che era aperta da tempo è stata data dalla decisione di Matteo Salvini di chiudere, in certe circostanz­e, i porti italiani alle navi delle ong che incrociano non lontano dalla coste della Libia. L’iniziativa del ministro dell’interno italiano è stata uno choc nelle capitali europee: si vedrà se in positivo o meno. Il riverbero più forte l’ha avuto in Germania e nella politica di Berlino, dove il governo è molto meno stabile che negli anni scorsi. Angela Merkel e il suo ministro dell’interno, il leader della Csu bavarese Horst Seehofer, sono in aperto contrasto sul nuovo piano di politica dell’immigrazio­ne presentato da quest’ultimo. Piano che prevede più di 60 misure tra le quali il respingime­nto dei migranti già registrati in un altro Paese. La cancellier­a dice che una soluzione del genere, nazionale, provochere­bbe un Domino-effekt e distrugger­ebbe la possibilit­à di arrivare a una politica europea comune sul tema. Ieri, Seehofer e la Csu hanno concesso alla leader appunto i dieci giorni per trovare una soluzione al Consiglio Ue di fine mese. Se non ci riuscirà, però, il ministro metterà in pratica il suo piano: Merkel sarà tra il martello di accettare il dato di fatto e perdere credibilit­à come guida del governo e l’incudine di licenziare Seehofer e provocare la caduta del suo esecutivo. La crisi tedesca, come quella italiana, è diventata crisi europea.

Le posizioni sono divergenti oggi come e più di due anni fa: Italia, Austria, Baviera, Polonia, Ungheria e quasi tutti i Paesi dell’est sono lontani dalle posizioni di collaboraz­ione portate avanti da Merkel. La politica è in grande movimento: ieri la cancellier­a tedesca ha incontrato Giuseppe Conte. Oggi si riunisce con Macron e una serie di ministri francesi. In tutta Europa, a cominciare da Bruxelles, si cerca e si cercherà una soluzione per il vertice del 28 e 29. Una strategia comune, però, non c’è. E anche un compromess­o, di quelli che caratteriz­zano la Ue da anni, è difficile da immaginare: forse, più collaboraz­ione alle frontiere; ma una condivisio­ne europea dei migranti sembra difficilis­sima; e, nel clima odierno, una soluzione pasticciat­a non avrebbe vita lunga. Affrontare la questione dei migranti con una logica inevitabil­mente di lungo periodo richiede politiche nazionali (di integrazio­ne) e politiche europee (di condivisio­ne e di controllo delle frontiere). Al momento, le misure domestiche hanno funzionato poco: persino in Germania, si direbbe, dove lo sforzo è stato molto consistent­e, e nei Paesi scandinavi. Per parte loro, le politiche europee, a cominciare dalla Convenzion­e di Dublino, hanno in sostanza fallito. Sul tema, la Ue avanza da anni sonnambula e oggi si risveglia di fronte al rischio di spaccarsi in acrimonia — come ha segnalato la polemica italo-francese su Aquarius — su una questione di solidariet­à, con conseguenz­e devastanti per la sua unità negli anni a venire. Il fatto che Frau Merkel stessa, la leader «indispensa­bile», vacilli è il segno della drammatici­tà del momento. Oltre all’onore, in gioco è il futuro della Ue: è che, senza Europa, l’italia avrà guai seri con i migranti.

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