Profughi, una crisi europea
Negli anni scorsi, Roma e Berlino hanno «salvato l’onore dell’europa» di fronte all’onda di migranti che ha attraversato il Mediterraneo. Lo sostennero Giorgio Napolitano, Jean-claude Juncker, Wolfgang Schäuble: l’italia con gli interventi in mare, la Germania rifiutando di chiudere le porte ai rifugiati nell’estate 2015. Ora che la questione dell’immigrazione è diventata il primo punto di conflitto in entrambi i Paesi, il tema si è innalzato a crisi della Ue in piena regola. Seria, probabilmente la più seria nella storia dell’unione. Dieci giorni, tra oggi e il consiglio europeo del 28-29 giugno, potrebbero segnare il futuro dell’europa.
L’accelerazione a una crisi che era aperta da tempo è stata data dalla decisione di Matteo Salvini di chiudere, in certe circostanze, i porti italiani alle navi delle ong che incrociano non lontano dalla coste della Libia. L’iniziativa del ministro dell’interno italiano è stata uno choc nelle capitali europee: si vedrà se in positivo o meno. Il riverbero più forte l’ha avuto in Germania e nella politica di Berlino, dove il governo è molto meno stabile che negli anni scorsi. Angela Merkel e il suo ministro dell’interno, il leader della Csu bavarese Horst Seehofer, sono in aperto contrasto sul nuovo piano di politica dell’immigrazione presentato da quest’ultimo. Piano che prevede più di 60 misure tra le quali il respingimento dei migranti già registrati in un altro Paese. La cancelliera dice che una soluzione del genere, nazionale, provocherebbe un Domino-effekt e distruggerebbe la possibilità di arrivare a una politica europea comune sul tema. Ieri, Seehofer e la Csu hanno concesso alla leader appunto i dieci giorni per trovare una soluzione al Consiglio Ue di fine mese. Se non ci riuscirà, però, il ministro metterà in pratica il suo piano: Merkel sarà tra il martello di accettare il dato di fatto e perdere credibilità come guida del governo e l’incudine di licenziare Seehofer e provocare la caduta del suo esecutivo. La crisi tedesca, come quella italiana, è diventata crisi europea.
Le posizioni sono divergenti oggi come e più di due anni fa: Italia, Austria, Baviera, Polonia, Ungheria e quasi tutti i Paesi dell’est sono lontani dalle posizioni di collaborazione portate avanti da Merkel. La politica è in grande movimento: ieri la cancelliera tedesca ha incontrato Giuseppe Conte. Oggi si riunisce con Macron e una serie di ministri francesi. In tutta Europa, a cominciare da Bruxelles, si cerca e si cercherà una soluzione per il vertice del 28 e 29. Una strategia comune, però, non c’è. E anche un compromesso, di quelli che caratterizzano la Ue da anni, è difficile da immaginare: forse, più collaborazione alle frontiere; ma una condivisione europea dei migranti sembra difficilissima; e, nel clima odierno, una soluzione pasticciata non avrebbe vita lunga. Affrontare la questione dei migranti con una logica inevitabilmente di lungo periodo richiede politiche nazionali (di integrazione) e politiche europee (di condivisione e di controllo delle frontiere). Al momento, le misure domestiche hanno funzionato poco: persino in Germania, si direbbe, dove lo sforzo è stato molto consistente, e nei Paesi scandinavi. Per parte loro, le politiche europee, a cominciare dalla Convenzione di Dublino, hanno in sostanza fallito. Sul tema, la Ue avanza da anni sonnambula e oggi si risveglia di fronte al rischio di spaccarsi in acrimonia — come ha segnalato la polemica italo-francese su Aquarius — su una questione di solidarietà, con conseguenze devastanti per la sua unità negli anni a venire. Il fatto che Frau Merkel stessa, la leader «indispensabile», vacilli è il segno della drammaticità del momento. Oltre all’onore, in gioco è il futuro della Ue: è che, senza Europa, l’italia avrà guai seri con i migranti.