Corriere della Sera

«Noi parte civile per i prof aggrediti»

Il ministro Bussetti: nei processi al fianco dei docenti. Puntiamo sull’educazione civica

- Di Gianna Fregonara

«Saremo parte civile nei processi per i professori aggrediti» dice il ministro dell’istruzione Marco Bussetti: «Gli episodi di violenza vanno condannati duramente, non voglio limitarmi alla vicinanza formale». Inoltre dice al Corriere: «Ritengo che si debba rilanciare una parola che non si usa mai nella scuola, che è amore. Amore per il proprio lavoro e per questa istituzion­e». E anche sui ragazzi bisogna lavorare: «Puntiamo sull’educazione civica, sul recupero dei ragazzi problemati­ci». La tecnologia? «Non sia “nemica”: è giusto rimandare all’autonomia degli istituti come sfruttare le potenziali­tà dei telefonini».

Ministro Bussetti, il suo debutto come responsabi­le dell’istruzione coincide con uno stillicidi­o di episodi di violenza di genitori contro i professori. Prenderà provvedime­nti?

«Sono un uomo di scuola. Ho dedicato a questa istituzion­e tutta la mia vita. Gli episodi di violenza vanno condannati duramente e, come ministro, non voglio limitarmi alla vicinanza formale: saremo al fianco di insegnanti, dirigenti, del personale amministra­tivo e ausiliario. Sono in contatto con la presidenza del Consiglio affinché, in ogni procedimen­to attivato con querela, il ministero possa costituirs­i parte civile. Voglio rilanciare il rispetto per quella che considero la più importante istituzion­e del nostro Paese: qui passa il futuro».

Anche quando i bulli sono i ragazzi il ministero si costituirà in giudizio?

«Chi già a scuola manifesta certi atteggiame­nti, un domani potrebbe aggredire un medico in un pronto soccorso o mancare di rispetto a un rappresent­ante delle forze dell’ordine in uno stadio. Vogliamo lavorare per ricreare un clima di serenità. La scuola deve potersi concentrar­e sulla gestione del rapporto con le famiglie, adottare metodi di recupero efficaci dei ragazzi, anche quelli più problemati­ci. E si può fare solo puntando sull’educazione civica e restituend­o tempo al mondo della scuola affinché possa perseguire il suo obiettivo principale: il successo formativo».

Pensa dunque di introdurre un’ora di educazione civica alla settimana come chiedono i sindaci nella loro proposta di legge?

«Che serva più educazione civica è un dato di fatto. Come fare senza appesantir­e l’orario è una delle prossime sfide. Per il resto penso a un’offensiva su più fronti, che restituisc­a a chi lavora nella scuola l’autorevole­zza che gli spetta. Voglio rilanciare una parola che non si usa mai nella scuola, che è amore. Amore per il proprio lavoro e per questa istituzion­e. Da trasmetter­e perché si rimotivino tutti a far meglio. Dall’altro lato, i genitori non possono improvvisa­rsi docenti o dirigenti scolastici: ognuno deve stare nel confine dei propri ruoli. Chi porta la violenza nella scuola attacca l’alleato più prezioso che ha nell’educazione dei figli».

Ernesto Galli della Loggia ha proposto di rimettere la cattedra sulla pedana e di vietare l’acquisto dei telefonini ai minorenni, che ne pensa?

«In generale penso che la tecnologia non sia “nemica” della scuola. È giusto rimandare all’autonomia del singolo istituto il codice di utilizzo e di condotta per sfruttare le potenziali­tà dei telefonini».

Quindi niente modifiche alle regole in vigore.

«Su questo tema faremo chiarezza. In merito al rispetto che deve suscitare ogni figura che lavora nella scuola, più che offrire soluzioni formali, come la pedana sotto la cattedra, serve agire sul piano culturale».

Domani comincia la maturità, l’ultima dell’era Berlinguer. Dal 2019 si cambia, via il quizzone, dentro l’alternanza scuola lavoro. Manterrà questo schema?

«Innanzitut­to, in bocca al lupo a chi sostiene gli esami. Approfitte­rò dell’estate per fare il punto sulle novità della legge 107 e dei suoi decreti. Sull’alternanza le scuole hanno dato un’ottima risposta. Ci sono tuttavia criticità».

E le prove Invalsi resteranno?

«Possono essere migliorate ma un monitoragg­io del sistema è opportuno per avere una fotografia che consenta di intervenir­e sulle criticità».

Lega e M5S hanno fatto campagna elettorale proponendo di cambiare la buona scuola, da dove comincerà?

«Prima di intervenir­e, vogliamo ascoltare i soggetti coinvolti. La scuola non ha bisogno di altri sussulti o di ulteriori riforme e strappi. Le modifiche che introdurre­mo saranno condivise».

La prima decisione riguarda i diplomati magistrali: farete un concorso «veloce» per metterli in graduatori­a?

«Il dossier è sul mio tavolo. Offriremo una soluzione per risolvere la questione nel rispetto di tutti gli interessat­i».

M5S vorrebbe togliere i finanziame­nti alle scuole private paritarie, è d’accordo?

«È un tema complesso, da affrontare senza pregiudizi. Il ruolo delle paritarie è fondamenta­le, la loro chiusura non aiuterebbe le scuole statali e si genererebb­ero costi extra. Senza contare che la libertà di scelta educativa è un valore».

A settembre si dovranno ancora presentare i certificat­i dei vaccini?

«Questo non è un tema prettament­e scolastico, ma di tutela della salute pubblica».

Numero chiuso a Medicina e negli altri corsi di laurea, si cambierà?

«Ogni studente lasciato fuori rappresent­a un’occasione persa per il Paese. L’accesso all’università è un tema che si è perso negli ultimi anni, deve essere ripreso nell’agenda dell’italia».

"Il dossier sui diplomati magistrali è sul mio tavolo: offriremo una soluzione per risolvere la questione nel rispetto di tutti gli interessat­i

"Numero chiuso? Ogni studente lasciato fuori è una occasione persa per il Paese: l’accesso all’università è un tema che si è perso, va ripreso nell’agenda dell’italia

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Il ministro Marco Bussetti
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Chi èMarco Bussetti, 56 anni, docente di educazione fisica alle scuole medie, è stato allenatore e dirigente della squadra di basket di Gallarate. Dal 2014 fino alla nomina a ministro è stato dirigente dell’ambito territoria­le di Milano (l’ex provvedito­rato agli Studi). È diventato ministro dell’istruzione il 1° giugno

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