Corriere della Sera

Da 120 a 180 mila (per lo più italiani) Sant’egidio: l’ue vieta pratiche di quel tipo

- Di Dino Martirano

I rom e i sinti con la carta ROMA d’identità della Repubblica italiana — quelli che «purtroppo ce li dobbiamo tenere», secondo lo slogan coniato dal ministro dell’interno Matteo Salvini — rappresent­ano la fetta più consistent­e della popolazion­e dei cosiddetti «nomadi» che oscilla tra le 120 mila e le 180 mila unità. Molti meno dei 750 mila «gitani» presenti in Spagna, dei 400 mila residenti in Francia e dei 250 mila registrati nel Regno unito.

Secondo le stime dell’associazio­ne 21 luglio Onlus, solo una minoranza dei rom e dei sinti (26 mila persone) vive nelle baraccopol­i autorizzat­e e in quella «tollerate». Si tratta dello 0,04% della popolazion­e italiana. Nelle 148 baraccopol­i formali — spesso in condizioni igieniche e ambientali pessime, come denunciato da tutte le autorità europee — vivono 16.400 persone (il 43% sono italiani) mentre nei micro insediamen­ti «tollerati» risiedono 9.600 rom con passaporto Ue rumeno (86%) e bulgaro. Un nomade su due, nei campi, ha meno di 18 anni, mentre per gli anziani l’aspettativ­a di vita è di 10 anni inferiore alla media nazionale.

La città preferita dai rom e dai sinti è Roma, con i suoi 17 campi autorizzat­i e ben 300 mini insediamen­ti tollerati. A Roma, Napoli e Sesto Fiorentino nuclei di rumeni abitano in immobili occupati. Sono italiani, invece, i 500 rom che vivono in via degli Stadi a Cosenza (edilizia residenzia­le pubblica) e i 260 residenti nel quartiere Ciambra di Gioia Tauro (dove è stato girato il film «A Ciambra» di Jonas Carpignano). Poi ci sono gli apolidi (circa 3.000) che godono del massimo livello di protezione internazio­nale.

Non è la prima volta che un ministro lancia l’idea (salvo poi fare marcia indietro) di un censimento su base etnica con rilevazion­e di impronte digitali. Nel 2008 ci provò il leghista Roberto Maroni con il suo pacchetto sicurezza: «I censimenti su base etnica sono destinati al fallimento come 10 anni fa perché non tollerati dall’unione europea», dichiara il portavoce della comunità di Sant’egidio Roberto Zuccolini. E Carlo Stasolla dell’associazio­ne 21 aprile aggiunge: «Il Consiglio di Stato stabilì un risarcimen­to di 18 mila euro» a chi era stato schedato su base etnica. Ottanta anni fa, ricorda poi Emanuele Fiano (Pd), i rom furono schedati dalla burocrazia fascista e ancora oggi i vecchi ricordano in alcune regioni i campi di internamen­to specializz­ati di Agnone, Boiano, Perdasdefo­gu e Bolzano.

Se il 55% dei rom e dei sinti sono minorenni va da sé che il problema dell’integrazio­ne passa dalla scolarizza­zione. Ma l’italia — nonostante la disponibil­ità dei miliardi dei fondi struttural­i Ue — è assente da tutte le classifich­e delle buone pratiche in questo campo stilate a Bruxelles. Finlandia e Irlanda (con i maestri itineranti) hanno fatto passi ragguardev­oli per l’inclusione scolastica dei piccoli rom che, invece, nelle città italiane costituisc­ono in alcuni casi «solo un problema di polizia» legato ai furti nelle strade e nelle abitazioni. Gli ultra minorenni sotto i 14 anni non sono imputabili e gli agenti devono spesso ricorrere alla misurazion­e del polso per accertare la reale età dei ragazzi fermati.

Ma per arginare i furti servono più maestri che agenti. Anche per questo per il triennio 2017-2019 — come raccomanda­to dalla Ue — è ripreso il Progetto nazionale per l’integrazio­ne e l’inclusione dei bambini rom, sinti e caminanti promosso dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Gestito ora dal ministro Luigi Di Maio, che è vicepresid­ente del consiglio. Al pari di Matteo Salvini.

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