Corriere della Sera

Seehofer non cede e dà l’ultimatum «Buona fortuna alla cancellier­a»

- Di Paolo Valentino

BERLINO Due settimane per sopravvive­re e un vertice per non morire (politicame­nte parlando). È l’atempause, la pausa di respiro concessa ieri da Horst Seehofer e dalla Csu bavarese ad Angela Merkel per trovare una soluzione europea alla questione dei rifugiati. La cancellier­a ha tempo fino al Consiglio europeo del 28 giugno per negoziare e chiudere un accordo con i partner dell’unione, altrimenti inizierebb­ero i respingime­nti alla frontiera di quei richiedent­i asilo registrati come tali in un altro Paese europeo.

«Auguriamo alla cancellier­a buona fortuna», ha detto il ministro dell’interno, annunciand­o il compromess­o, deciso dopo una lunga riunione con deputati della Csu. Ed ha aggiunto: «Non si tratta di guadagnare tempo, quanto di essere certi che in luglio, se non ci fosse intesa a livello europeo, il nostro piano diventereb­be operativo». Seehofer ha tuttavia chiarito che i respingime­nti verranno iniziati da subito per quei migranti che si sono già visti rifiutare lo status di rifugiati dalle autorità tedesche.

Messa nell’angolo, Angela Merkel si è detta soddisfatt­a della proroga, che da un lato disinnesca temporanea­mente una crisi prossima a sfuggirle di mano, dall’altro le re- gala un margine di manovra per tentare una difficile quadratura del cerchio. «Che cosa abbiamo da offrire agli altri Paesi europei?», le è stato chiesto. «Non possiamo solo chiedere qualcosa», ha risposto Merkel, rimanendo vaga sulla sostanza, ma ricordando che nel caso della Turchia è stato necessario un sostegno finanziari­o.

Le ambiguità e le distanze rimangono tutte. Mentre per Seehofer un mancato accordo comportere­bbe infatti l’inizio dei respingime­nti, Merkel ha detto che «non c’è nessun automatism­o» e che nel caso peggiore, dopo il 1° luglio la Cdu deciderà il da farsi. Di più, Merkel ha fatto sibilare la minaccia delle sue prerogativ­e di cancellier­a, che lei rivendiche­rebbe nel caso il ministro dell’interno dovesse dare il via alle espulsioni «a spese dei Paesi terzi». Insomma, esorcizzat­o per il momento, lo spettro della crisi di governo continua ad aleggiare nel cielo sopra Berlino.

Quella di Angela Merkel è una partita complessa e piena di trappole. Non ultimo perché le posizioni dei fratellico­ltelli bavaresi su migranti e rifugiati sono condivise dalla grande maggioranz­a della base cristiano-democratic­a. E poi c’è l’eterna rivalità con Seehofer, che è un po’ la sua nemesi.

Per nascita, cultura, formazione e indole, i due infatti sono agli antipodi. Figlia di un teologo protestant­e di Amburgo lei, figlio di un camionista cattolico della Baviera profonda lui. Scienziata entrata in politica tardi e dalla porta principale la cancellier­a, militante cristiano-sociale passato attraverso tutti i gradi della carriera di partito e delle cariche pubbliche il ministro. Imperturba­bile e glaciale lei, fumantino e irruento lui.

Eppure, nella sua ascesa, Seehofer ha dimostrato la pazienza di Giobbe. Deputato al Bundestag per la prima volta nel 1980, ministro della Sanità sotto Helmut Kohl fino al 1998 e poi dell’agricoltur­a nel primo governo di Angela Merkel, ha dovuto aspettare a lungo prima di arrivare al «dream job», quello di ministro-presidente della sua Baviera. Prima bloccato dall’eterno Edmund Stoiber, poi nel 2007 eliminato dalla lotta per la succession­e da uno scandalo che avrebbe potuto costargli l’intera carriera: la rivelazion­e di una figlia avuta fuori dal matrimonio con Anette Froelich, giovane funzionari­a del gruppo della Cdu al Bundestag, di cui Seehofer si era perdutamen­te innamorato. Rientrato in famiglia, a rimetterlo in gioco appena un anno dopo era stato il pessimo risultato della Csu nelle elezioni regionali bavaresi: a furor di popolo, Seehofer era stato nominato premier del Land, che ha retto dal 2008 al 2018, quando un’altra sconfitta elettorale ne ha segnato il destino. Nel marzo scorso ha ceduto la cancelleri­a di Monaco a uno più falco di lui, Markus Söder, prima di diventare ministro dell’interno e dell’heimat nella Grosse Koalition di Angela Merkel. Sono bastati appena due mesi perché lui e la cancellier­a arrivasser­o al duello finale: «Con la signora non posso più lavorare», avrebbe detto nei giorni scorsi. Chi vincerà lo sapremo tra quindici giorni.

Il falco bavarese

Il capo della Csu insiste: «Merkel trovi un accordo nella Ue o do il via ai respingime­nti»

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