Corriere della Sera

«Se segnalare qualcuno diventa un reato in carcere ci vanno tutti»

L’esponente leghista: assurdo, forse torno in politica

- Di Giampiero Rossi

MILANO «Condannato per una raccomanda­zione. Un’assurdità, e proprio per questo sono fiducioso per l’appello. Ma sono preoccupat­o per chi vorrà candidarsi a ruoli pubblici in Italia e, anzi, questa sentenza mi sta facendo tornare la voglia di impegnarmi in prima persona anche se avevo deciso di ritirarmi dalla politica». Roberto Maroni reagisce così al verdetto che lo ha dichiarato colpevole del reato di «turbata libertà del procedimen­to di scelta del contraente»: non appare affatto abbattuto, anzi coglie l’occasione come potenziale trampolino per un suo «ritorno» sulla scena politica, che peraltro ha abbandonat­o soltanto ufficialme­nte al termine del suo mandato da presidente della Regione Lombardia.

Assolto per un capo d’imputazion­e e condannato per l’altro. Aveva messo in preventivo una sentenza cosi?

«Sì, me l’aspettavo. Ero consapevol­e del fatto che difficilme­nte il Tribunale mi avrebbe dato ragione al cento per cento, perché il pubblico ministero, nel frattempo, ha assunto un ruolo importante in procura e credo che gli equilibri interni abbiano avuto un loro peso. Non dovrebbe succedere, la giustizia dovrebbe basarsi esclusivam­ente sui fatti, ma ho la sensazione che anche questi aspetti siano entrati in gioco».

Comunque è arrivata l’assoluzion­e dal reato più grave, «induzione indebita a promettere utilità». Ne è soddisfatt­o?

«Sì, ma dopo quattro anni di processo mi viene addebitata la segnalazio­ne di una persona valida per un incarico da 29 mila euro all’anno al direttore generale di una società controllat­a dalla Regione».

Però la legge dice che non si può fare.

«Allora, a parte il fatto che non c’è traccia di una mia telefonata o di un mio messaggio, ma vengo condannato in quanto capo della Regione, che dunque risulta responsabi­le di qualunque colpa. Ci sono consideraz­ioni politiche che dovrebbero far riflettere».

Cioè quali?

«Intanto le dico che ho ricevuto tanti messaggi di solidariet­à da parte di amici ma anche — e questo mi ha fatto particolar­mente piacere — di avversari politici che in sostanza mi hanno detto la stessa cosa: “Lo facciamo tutti”. Lo sapevo già, ma mi hanno aiutato a superare il primo momento di sconforto».

Tutti colpevoli, quindi nessun colpevole?

«Non sto dicendo questo. Ma se questo è un reato, allora dovremmo chiedere alle procure di verificare come hanno agito tutti i sindaci e tutti i pubblici amministra­tori. Tutti colpevoli? Tutti in galera? No, guardi, questa è una tale assurdità che, al di là dell’amarezza, mi rende molto fiducioso in prospettiv­a del processo d’appello».

Ma secondo lei il problema sta nella norma o nell’interpreta­zione che ne hanno fatto i magistrati milanesi?

«Direi in entrambe. Perché da un lato vorrei capire dove starebbe la “libertà” che risultereb­be turbata, visto che nel pubblico non c’è libertà ma esistono procedure, e dall’altra dico che se le cose stanno così allora chiunque abbia intenzione di candidarsi a un incarico amministra­tivo farebbe bene a pensarci almeno due volte».

Perché?

«Perché uno come me ha le spalle larghe ed è in grado di difendersi sotto tutti i punti di vista, ma a un giovane sindaco o assessore una vicenda come questa può rovinare non soltanto la carriera ma anche la vita. La politica dovrebbe riflettere su questo. Ma a giudicare dalle modifiche al codice antimafia direi che si va in direzione opposta».

E lei non sta riflettend­o su un ritorno alla politica?

«Guardi, avevo deciso di mollare e fare altro, anche se la passione politica non svanisce mai. Ma di fronte a un’ingiustizi­a come questa confesso che dentro di me sento una vocina che mi dice che non posso fare finta di niente».

Insomma, tornerà a fare politica.

«Ci devo pensare, non ho alcun programma, ma fatico a restare indifferen­te anche di fronte al coinvolgim­ento di alcuni miei collaborat­ori in questa assurdità».

I messaggi di solidariet­à

Ho ricevuto tanti messaggi di solidariet­à da parte di amici ma anche di rivali politici che in sostanza mi hanno detto: «Lo facciamo tutti»

L’accusa

«Io ho le spalle larghe, ma a un giovane sindaco una vicenda così rovina la vita»

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