La giudice anticorruzione romena che fa tremare i palazzi del potere
Laura Codruta Kovesi nel mirino del leader del centrosinistra: va fermata
Nipotina di Stalin. Sorellina di Hitler. Degna erede di Ceausescu. Più assetata di Dracula. E naturalmente golpista, pagata da Soros, machi-ti-manda?... C’è un giudice a Bucarest, un magistrato anticorruzione che in cinque anni ha indagato 1.200 pubblici funzionari e ne ha arrestati più di mille, e questo è diventato ormai un problema politico in uno dei più corrotti Paesi d’europa, dove (citazione dal New York Times) dare una tangente per l’esame di guida o per la visita medica è considerato una regola di vita come pagare le tasse o morire. La Di Pietro dei Carpazi si chiama Laura Codruta Kovesi, ha 45 anni ed è la donna più odiata e temuta della Romania. Pur di fermarla il leader del centrosinistra Liviu Dragnea, a sua volta sospettato dalla Kovesi di truffa elettorale e d’abuso di potere e d’avere rubato fondi Ue, dieci giorni fa ha portato in piazza 100 mila rumeni contro «la setta scellerata» dei giudici che vuole creare «uno Stato parallelo» e riprende i sistemi della Securitate, la terribile polizia segreta dei tempi di Ceausescu. Detto peraltro da un partito, il socialdemocratico vincitore delle ultime elezioni, infarcito d’ex comunisti: «La Securitate? — ha risposto tranquilla la magistrata —. Ma io mi sono laureata nel 1995, e il comunismo era già finito da sei anni...».
Uno scontro politico così, non si vedeva dai tempi della Rivoluzione. Fra arresti e inchieste, sono già finiti nei guai 14 ministri, 39 viceministri, 14 senatori, un eurodeputato. Poteva il potere rimanere inerte? In uno scenario da Tangentopoli italiana, non si risparmia nulla: teorie cospiratorie, campagne stampa orchestrate da editori sbattuti in galera per corruzione, dossieraggio, il ministro della Giustizia che cerca di silurare la Kovesi, la Corte costituzionale che gli dà ragione, perfino l’accusa alla magistrata d’avere copiato la tesi di laurea... Dragnea, che da più d’un anno sta cercando di ridimensionare pesantemente il ruolo dei magistrati e di metterli sotto il diretto controllo dell’esecutivo, cambiando anche la Costituzione, s’ispira apertamente a Paesi europei (la Polonia, l’ungheria, la Repubblica Ceca, la Slovacchia) che già hanno vinto questa guerra alle toghe, oltre che a Trump: «Sappiamo quante forze sono schierate contro il presidente americano — dice un fedelissimo del leader romeno —. Salutiamo la sua lotta ai cospiratori» (nonostante proprio ieri un vicesegretario di Stato Usa, West Mitchell, abbia incoraggiato il lavoro dei piemme romeni). Facile agitare fantasmi: «Non illudetevi che solo i politici o gli alti funzionari siano le vittime di denunce e false prove. Oggi, qualsiasi cittadino può essere colpito da un’inchiesta e finire rovinato». Facilissimo prendersela con le influenze esterne: «Dopo la nostra Rivoluzione dell’89, la Nato e l’ue vogliono darci lezione di democrazia?».
La reazione non è mancata. A febbraio, con la più grande manifestazione antigovernativa dall’epoca Ceausescu. Ora col capo dello Stato, il liberale Klaus Iohannis, che difende la Kovesi: «Non possiamo permettere che la Romania s’allontani dai valori democratici. E che i magistrati siano minacciati o intimiditi». Nel suo ufficio tappezzato d’icone e di vecchie foto di quand’era campionessa di basket, figlia d’un giudice e madrina della Direzione nazionale anticorruzione, Laura è un alto (più d’un metro e ottanta) magistrato che non sembra turbarsi. Vive ogni giorno sotto scorta, s’è separata dal marito, ma continua ad andare al cinema e in palestra. Sa che il gioco s’è fatto più pesante: «Ammazzarmi? Non conviene creare dei martiri...». E che sulla riforma voluta da Dragnea si gioca tutto: «Se sparisce l’indipendenza dei giudici, il mio lavoro non diventerà più difficile. Diventerà impossibile».
Nuova esistenza
Vive sotto scorta, s’è separata dal marito, ma continua ad andare al cinema e in palestra