Corriere della Sera

Guardarsi dentro è utile e terapeutic­o

- Di Beppe Severgnini

I diversi volti della solitudine nell’arte e nella letteratur­a attraverso brani di Petrarca, Pirandello, Quasimodo, Merini e Dickinson

Buona idea, parlare di solitudine. Ragionarci è utile, scriverne è terapeutic­o. Ma la solitudine, a una certa età, si accetta; da giovani appare, ed è, un’ingiustizi­a. Da giovani bisogna frequentar­si, conoscersi, toccarsi, annusarsi, guardarsi negli occhi; e non si può fare al riparo di uno schermo. È il tempo in cui si scelgono amici, amori, unioni che dureranno a lungo. E, se non dureranno, lasceranno tracce profonde. Questa è la condivisio­ne che conta: non quella che nasce da un clic. I maturandi di oggi, italiani di domani, lo capiscono istintivam­ente. Non hanno intenzione di rinunciare agli strumenti nuovi — perché dovrebbero? — ma intuiscono il rischio di alienazion­e. La solitudine è una condizione umana, universale e antica, iscritta dentro di noi. La riconoscia­mo subito, così come il pericolo e la felicità. I ragazzi hanno bisogno di viaggi insieme, e se ne fanno sempre meno. Speriamo partano in tanti, dopo la maturità. Non si preoccupin­o di postare ciò che fanno e vedono. La solitudine può ottenere diversi like; ma è la compagnia degli altri quella che ci piace davvero. E ci manca se non c’è.©

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