Corriere della Sera

Il caso Durmaz scuote la Svezia «Ora più uniti»

- P. tom.

Gli hanno dato del terrorista, del kamikaze, del maledetto immigrato. E lo hanno minacciato di morte. Per una punizione causata al 94’ di Germania-svezia, dalla quale è nata la magia di Toni Kroos che ha condannato gli svedesi. Quella che si è abbattuta su Jimmy Durmaz

( foto) è stata una bufera ben superiore alla zuffa innescata dai festeggiam­enti eccessivi dei dirigenti tedeschi a fine partita, che ha fatto litigare le due Nazionali (gli svedesi: «Condotta schifosa»). E ha aperto ferite più profonde di una sconfitta che «ci ha reso più forti» come dice il c.t. Andersson. La Svezia deve battere il Messico per sperare nella qualificaz­ione e forse lo schiaffone preso dalla Germania e dal caso Durmaz le può dare lo slancio. Anche alcuni «membri della Federazion­e» si sono lasciati andare a commenti contro l’attaccante del Tolosa, come sottolinea stizzito il c.t. che ha incartato l’italia. Tutta la squadra si è presentata assieme al suo compagno, al grido di «Fuck Racism». E Durmaz ha fatto un breve discorso: «Quello che è successo è inaccettab­ile. Sono svedese e con orgoglio indosso la nostra maglia e la nostra bandiera». Figlio di genitori di origini aramaiche — la madre libanese, il padre turco — fuggiti dalla Mesopotami­a per la persecuzio­ne dei cristiani d’oriente, Durmaz quando giocava all’olympiacos andava al Pireo con alcuni compagni per portare scarpe e vestiti ai rifugiati. E tuttora aiuta diverse associazio­ni che hanno accolto i profughi in Svezia. «Religione e colore della pelle non mi importano: sono tutti esseri umani». Il 9 settembre ci sono le elezioni e la destra estrema è data attorno al 20%. Le minacce all’attaccante hanno compattato la Nazionale e messo in piazza un problema che la Svezia pensava di non avere. Restare al Mondiale non lo risolve, ma può aiutare.

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