Corriere della Sera

«Pm in politica, daspo ai corrotti: la mia riforma»

Il ministro: sulle intercetta­zioni sentirò i procurator­i Alle toghe antimafia, tra cui Di Matteo, proporrò dei progetti

- di Giovanni Bianconi

Se una toga entra in politica, «per legge» non deve rientrare in magistratu­ra. Così al Corriere il ministro della Giustizia Bonafede. Che parla di «daspo per i corruttori» e di proposta di collaboraz­ione al pm Di Matteo.

Al primo incontro con il Consiglio superiore della magistratu­ra, il neoministr­o della Giustizia Alfonso Bonafede annuncia che il nuovo governo vuole impedire «per legge» che una toga entrata in politica possa tornare a fare il pubblico ministero o il giudice. Ma è davvero una priorità, visto che al momento i magistrati in Parlamento sono solo tre?

«Non è una questione di priorità, ma di principio. Vogliamo ristabilir­e dei confini chiari, per sottolinea­re che la magistratu­ra e le altre istituzion­i svolgono il proprio ruolo in costante confronto tra loro, ma rimanendo ciascuno nell’ambito del proprio settore di competenza».

Il testo è già pronto?

«Avevamo presentato un testo nella scorsa legislatur­a dal quale si può ripartire, ma poi applicherò ciò che nel mio piccolo chiamo il “metodo Bonafede”: per realizzare i punti del contratto di governo faremo il passo iniziale con i parlamenta­ri dei gruppi di maggioranz­a, e poi con il Parlamento nel suo insieme».

A proposito di magistrati “fuori ruolo”: come mai, dopo tanto parlare, non ha dato incarichi al pubblico ministero Di Matteo?

«Non voglio entrare nel merito di nomi e delle scelte fatte per gli incarichi assegnati. Posso però dire che ho dei progetti di collaboraz­ione tra il ministero e magistrati antimafia tra i quali il dottor Di Matteo, se lui ovviamente sarà d’accordo».

Al Csm ha parlato anche di nuove norme per il contrasto alla corruzione. Che cosa non va in quelle attuali?

«Credo che la magistratu­ra non abbia sufficient­i strumenti. Servono gli agenti sotto copertura e il Daspo per i corruttori: se sanno che non potranno più avere rapporti con la pubblica amministra­zione ci penseranno mille volte prima. E poi un aumento delle pene».

Molti magistrati temono che gli agenti sotto copertura diventino agenti provocator­i.

«Faremo in modo che il confine tra queste due figure sia ben chiaro. È vero che nella corruzione l’utilizzo dell’agente presenta delle complessit­à, ma può essere utile e non vogliamo rinunciarc­i. E poi si possono aumentare le pene».

Che sono già cresciute.

«Forse non abbastanza».

Di corruzione è accusato l’avvocato Luca Lanzalone, che proprio lei ha presentato a Virginia Raggi per una collaboraz­ione con il Comune di Roma. S’è sentito deluso, tradito, o crede sia vittima di un errore giudiziari­o?

«Ogni politico, e a maggior ragione il ministro della Giustizia, deve avere il massimo rispetto per l’azione della magistratu­ra che farà tutte le necessarie verifiche. Sono in attesa di conoscere la verità, e anche per esprimere sentimenti o opinioni devo prima conoscere i fatti accertati. Quanto ai miei rapporti passati con Lanzalone, ho già detto quello che dovevo dire».

Gli avvocati, e qualche magistrato, l’accusano di una cattiva gestione dell’emergenza del palazzo di giustizia di Bari.

«Abbiamo appena firmato un accordo per una soluzione temporanea se prima del 30 settembre non avremo trovato e reso operativa una sede alternativ­a. Ma il decreto legge che sospende le attività e i termini processual­i era necessario per far cessare lo scandalo della tendopoli e nessuno, quando sono stato a Bari, ha alzato una voce contraria».

Invocano un commissari­o straordina­rio.

«Non capisco a che possa servire, se c’è un ministro che se ne occupa ogni giorno con un’apposita task force. Io non voglio entrare nella logica dell’emergenza e dei lavori in deroga alle leggi, che ha già fatto troppi danni e messo l’italia in ginocchio. Io voglio la legalità ordinaria, anche di fronte a un’emergenza come questa».

Sulle intercetta­zioni ha già annunciato lo stop alla riforma Orlando. E dopo?

«Dopo, cioè subito, ci occuperemo di modificarl­a visto che è criticata da tutti, avvocati e magistrati. Ho già scritto ai ventisei procurator­i distrettua­li d’italia per chiedere loro che cosa non va della legislazio­ne vigente e della riforma che bloccherem­o. Poi seguirò il “metodo Bonafede”».

Nel contratto di governo c’è pure la legittima difesa; non la preoccupa che 4 italiani su 10 vorrebbero norme più semplici per tenere un’arma in casa?

«Lo Stato fa dei controlli su chi è autorizzat­o a detenere un’arma, e se necessario saranno ancora più rigorosi. Ma sulla legittima difesa c’è una zona d’ombra su cui bisogna intervenir­e. Le indagini dei magistrati su chi spara anche per difendersi si devono fare sempre, ma non può essere che un cittadino debba affrontare tre gradi di giudizio perché la norma non è del tutto chiara».

Su questo e altri temi, non la imbarazzan­o le continue esternazio­ni di Salvini?

«Sulla giustizia non mi risulta che abbia detto parole fuori posto, e con i gruppi parlamenta­ri leghisti i primi contatti sono stati positivi e proficui».

Anche sulle carceri bloccheret­e la riforma della precedente maggioranz­a. Per modificarl­a come?

«Premesso che il principio costituzio­nale del reinserime­nto del condannato resta per me la stella polare, quella riforma mina alla base il principio della certezza della pena, perché permette ad alcuni di non scontare in carcere nemmeno un giorno».

Ma senza automatism­i, e sempre dopo la valutazion­e di un giudice.

«Quella riforma, che su altri aspetti è positiva, ha allargato troppo il perimento della discrezion­alità. C’era una finalità deflattiva che non possiamo accettare. Non mi interessa diminuire il numero dei detenuti, ma garantire loro il rispetto della dignità anche in carcere».

d Ogni istituzion­e rimane nel proprio settore di competenza con confini chiari. Da qui il testo sull’impossibil­ità per i magistrati in Parlamento di tornare a fare il pm o il giudice

d Sulla legittima difesa c’è una zona d’ombra su cui bisogna intervenir­e Non può essere che un cittadino debba affrontare tre gradi di giudizio perché una norma non è del tutto chiara

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