Salvini e il nodo dei Servizi
Nel premier Minniti rivede la propria linea. Il ministro ha rifiutato il volo dei Servizi in Libia
ROMA Nel braccio di ferro sulla crisi dei migranti, il governo italiano può rivendicare finora «una striscia di successi». E non c’è dubbio che sia stato Salvini — per dirla con il titolare della Farnesina — a «gettare il sasso nello stagno» dell’unione. Un modo di procedere che il leader della Lega adotta indifferentemente con i partner europei come con le strutture dello Stato: l’altro giorno per esempio, quando è andato in Libia, non c’è stato verso di convincerlo a salire sull’aereo messo a disposizione dai servizi. L’intelligence è fondamentale in quei territori per sapere come e con chi interloquire, e in queste settimane al Viminale il ministro dell’interno si è confrontato spesso anche con i vertici dell’aise.
Non è chiaro il motivo che l’ha indotto a optare per il volo separato, è certo che all’indomani del voto del 4 marzo fu proprio Salvini a criticare la decisione del governo Gentiloni di prorogare per un anno i capi dei servizi. «È una vergogna», disse rompendo l’intesa bipartisan che pure era stata suggellata al Copasir anche con il consenso del delegato leghista: «E mi insospettisce — aggiunse — il silenzio dei Cinquestelle». Era il 7 marzo, il gabinetto giallo-verde non era ancora nato, e Conte non era ancora il premier che ha tenuto per sé la delega sui Servizi.
Può darsi che a Bruxelles il governo parli davvero «con una sola voce», di sicuro a Roma si avvertono tonalità diverse. Oggi il test europeo ne verificherà la tenuta, ma già ieri in Parlamento l’approccio di Conte alla crisi dei migranti ha svelato che il «cambiamento» è complicato. Ad ascoltarlo alla Camera c’era anche il predecessore di Salvini al Viminale, e secondo Minniti «nonostante siano prigionieri della loro narrazione, il presidente del Consiglio ha detto che applicherà la linea del governo precedente, il nostro».
Additato dai suoi stessi compagni per una gestione «di destra» del fenomeno, l’ex ministro dell’interno ha spiegato gli ostacoli che si trovò di fronte. E che a suo giudizio si riproporranno: «Gli hotspot se li possono scordare e non solo in Libia. Perché anche in Africa i governi devono fare i conti con l’opinione pubblica, anche lì c’è la questione dell’identità nazionale». Così dicendo, Minniti ha rivelato il modo in cui gestiva le trattative per i rimpatri: «Ogni volta che incontravo i miei interlocutori, ed è successo molte volte, la prima richiesta era l’assoluta riservatezza. “Non si deve sapere nulla o salta tutto. Una sola parola e l’aeroporto (che veniva utilizzato come scalo segreto, ndr) verrebbe circondato”. È un problema comune, in Tunisia come in Egitto, dove pure il potere è gestito con una certa fermezza...».
C’è un ritornello che l’esponente del Pd ha sentito a più riprese nei summit a Bruxelles: «“L’europa ha lasciato sola l’italia”. Ma ogni volta che chiedevamo aiuto si voltavano dall’altra parte». Ora succede a Conte, che nei colloqui riservati non ha mancato di raccontare le sue conversazioni con il presidente francese: «Macron mi dice “io vi capisco”, “vedrai che una soluzione si trova”. Ma intanto tiene chiusi il confine di Ventimiglia e il porto di Marsiglia, perché nei sondaggi il Front National si sta avvicinando a En Marche». Il rischio che il vertice europeo si traduca in un flop era ben presente ieri durante la discussione tra i rappresentanti del governo e il capo dello Stato. E poco prima alla Camera solo il gioco maggioranza-opposizione ha impedito un voto unitario. «Un errore» secondo l’ex Guardasigilli del Pd, Orlando: «Avremmo dovuto votare a favore di Conte, per rimarcare la sconfitta della linea di Salvini». Ma il capo della Lega continua a dettare l’agenda. «Quello non si fa intimidire da nessuno», commentava Bersani: «E se non si mette un cuneo tra lui e i grillini, tempo pochi mesi i due elettorati si salderanno. Con Salvini che prenderà il sopravvento. E a quel punto buonanotte».
Andrea Orlando
«Noi del Pd avremmo dovuto votare a favore di Conte per rimarcare la sconfitta di Salvini»