Corriere della Sera

La sentenza Uefa

Milan, un anno fuori dalle coppe

- di Arianna Ravelli

La battuta più diffusa: e meno male che ci hanno messo una settimana per scriverla bene. Il dispositiv­o della sentenza Uefa sul Milan è un capolavoro di burocrates­e, che sembra fatto apposta per ostacolare la comprensio­ne e alimentare dubbi. Ma andiamo oltre. Il Milan viene escluso dalle Coppe per una stagione e il sospiro di sollievo per quello di peggio che poteva essere secondo certe apocalitti­che anticipazi­oni e non è stato, nulla toglie alla gravità del momento: la figuraccia planetaria resta. Detto questo: in attesa delle motivazion­i che ci illuminera­nno (speriamo), nel dispositiv­o sparisce ogni riferiment­o a Yonghong Li, al suo rifinanzia­mento del debito e ai suoi futuri possibili inadempime­nti, che invece erano state le ragioni principali del mancato consenso da parte della camera investigat­iva al settlement agreement. Restano solo le violazioni di bilancio del passato. Con tutto quello che ne consegue: cade almeno formalment­e il pregiudizi­o verso il proprietar­io cinese, cade anche l’elemento che rendeva più illogico il ragionamen­to dell’uefa, ma rischia di essere disinnesca­to anche l’argomento sul quale il Milan sembrava puntare per l’appello: il cambiament­o nell’assetto societario. Anche presentars­i al Tas con il nuovo proprietar­io potrebbe essere infatti irrilevant­e. Poiché si impugnano le sentenze dei tribunali e non i mancati patteggiam­enti con la procura, al Tas si dovrà puntare sull’eccessiva severità della decisione rispetto ad altri casi. La sentenza, come detto, si riferisce agli inadempime­nti della vecchia gestione: che, sia chiaro, esce ammaccata dal provvedime­nto Uefa, sotto il profilo dell’immagine, tanto quanto l’attuale. Perché se è vero che con un altro proprietar­io, più solido e trasparent­e, forse si sarebbe raggiunto un settlement agreement, e se è vero che la colpa dell’attuale management è di non aver saputo intercetta­re gli umori di Nyon, non è certo innocente chi non si è curato, per tre anni, di avere bilanci virtuosi.

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