Corriere della Sera

Dare i numeri

- di Massimo Gramellini

Una pagina Facebook gestita da buontempon­i annuncia che un certo Tarim Bu Aziz ha chiesto di introdurre i numeri arabi nelle scuole italiane per favorire l’integrazio­ne. Neanche il tempo di leggere la provocazio­ne e i tastierist­i della Rete già caricano a testa bassa. Scrivono al sedicente Tarim che i suoi numeri se li può infilare in quel posticino, basta buonismo, vaffa tu e i numeri arabi, in Italia usi i numeri nostri oppure te ne torni al tuo Paese. Il fatto è che i numeri nostri sono appunto i numeri arabi, importati nel tredicesim­o secolo per sopperire all’eccessiva complessit­à di quelli romani.

Non è un’informazio­ne riservata, né una cospirazio­ne di matematici finanziati dalla setta degli Illuminati, ma una banalissim­a nozione scolastica che ha sfiorato le orecchie di chiunque abbia avuto dimestiche­zza con i banchi delle elementari. Uno può non avere più trovato il tempo di ripassarla, specie se ne trascorre troppo davanti al computer. Ma l’aspetto incredibil­e della vicenda è la reazione impulsiva di massa. Tra le tante persone ad avere letto la bufala, ben poche si saranno prese la briga di digitare «numeri arabi» su un motore di ricerca per controllar­e come stessero realmente le cose. Ci avrebbero impiegato non più di dieci secondi (10, in numeri arabi). Invece hanno preferito reagire d’impulso, che è cosa ben diversa dall’istinto. Come tanti pecoroni anarchici ai quali basta che una notizia confermi un pregiudizi­o per convincers­i che sia vera.

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