Corriere della Sera

Parnasi adesso collabora: quasi 6 ore dai pm romani per l’inchiesta sullo stadio

Il costruttor­e e i rapporti con i politici, oggi riparte l’interrogat­orio

- di Fulvio Fiano

I rapporti con i politici e i finanziame­nti più o meno dichiarati ad associazio­ni e partiti di tutti gli schieramen­ti, su base locale e nazionale. Per quasi sei ore Luca Parnasi compare davanti ai magistrati per salvare il salvabile nella sua galassia imprendito­riale, messa a rischio dalle presunte mazzette svelate nell’inchiesta sullo stadio della Roma. Quando mancano pochi minuti alle 22 l’interrogat­orio viene sospeso. Riprenderà oggi in mattinata.

L’immobiliar­ista, trasferito da San Vittore (dove era detenuto dal 12 giugno) a Rebibbia, risponde alle domande del pm Barbara Zuin e del procurator­e aggiunto Paolo Ielo, assistito dagli avvocati Emilio Ricci e Giorgio Tamburrini. Un cambio di strategia difensiva evidente per il 40enne ritenuto dalla procura capitolina il capo di una associazio­ne a delinquere. Dopo il silenzio davanti al gip («Non ho mai commesso reati. Abbiamo lavorato per anni, 24 ore al giorno, solo per realizzare un progetto») ha chiesto e ottenuto l’interrogat­orio di ieri sul presuppost­o di fornire agli inquirenti la sua collaboraz­ione a completare alcuni aspetti dell’indagine che sembra già fissare le sue responsabi­lità. E di chiarire quelle che, a suo dire, sono letture sbagliate di intercetta­zioni e ricostruzi­oni errate di rapporti con altri soggetti indagati.

Il costruttor­e romano, che aveva trovato nell’avvocato di estrazione grillina Luca Lanzalone un potente alleato in Campidogli­o per chiudere con successo il dossier stadio e sponsorizz­are altri progetti, ha così provato a scongiurar­e un coinvolgim­ento delle sue aziende nei guai giudiziari personali. Evitare, cioè, che a una eventuale condanna per corruzione si aggiunga un ancora possibile sequestro delle stesse, con la casa madre Eurnova in testa, e una contestazi­one di bancarotta.

Corruzione, traffico di influenze, frodi fiscali, finanziame­nti illeciti sono i i reati iscritti, a vario titolo, in capo alle nove persone arrestate dai carabinier­i del Nucleo investigat­ivo. Da una parte Parnasi e i collaborat­ori portavano avanti «il metodo anni 80» (definizion­e di uno degli arrestati) di pagare tutti i politici e funzionari utili alla causa, preventiva­mente. Dall’altra, amministra­tori e persone in grado di influire positivame­nte sulle iniziative imprendito­riali del costruttor­e intascavan­o — sostengono i pm — promesse, favori, assunzioni, bonifici.

Nelle domande degli inquirenti ha avuto una attenzione centrale la definizion­e del ruolo di Luca Lanzalone nella sua veste di «funzionari­o di fatto» con delega allo stadio su mandato della sindaca Virginia Raggi e poi, quando già era diventato presidente Acea, consulente tenuto in gran conto riguardo a nomine e scelte amministra­tive. Sulla sua veste di pubblico ufficiale si tiene una delle architravi dell’inchiesta ma sulla stessa si concentran­o anche i possibili affondi delle difese. Aveva cioè Lanzalone, senza un contratto di incarico ufficiale, un reale potere di aiutare Parnasi? Configuran­o quindi una corruzione gli incarichi di consulenza che ha avuto dall’immobiliar­ista tramite la copertura del suo studio legale? Il giudice che ne ha respinto la richiesta di lasciare i domiciliar­i ha ritenuto ancora forte il rischio che Lanzalone influenzi la politica e ha definito «inverosimi­li» le sue tesi difensive.

Su altri pagamenti di Parnasi, non tutti illeciti, la pubblica accusa ha già acquisito le prove. I bonifici al Pd tramite la fondazione Eyu, ad esempio. E quelli alla Lega con la onlus «Più voci» e Radio Padania. Di tutto questo si tornerà a parlare anche oggi.

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