Tony Blair e la notte della democrazia «Populismi, dazi: come negli Anni 30»
L’allarme lanciato dall’ex premier britannico: «Paralleli troppo inquietanti per essere ignorati»
● Nel 2016 ha chiuso la sua fondazione accusata di far consulenze milionarie anche a dittatori. Oggi è consulente di JP Morgan e di Zurich Financial
L’allarme lo suona Tony Blair: il mondo rischia un ritorno alle nefande politiche degli Anni 30. E le cause sono il nazional-populismo che dilaga in Europa e il rigetto delle alleanze multilaterali perseguito da Donald Trump.
In un discorso più che esplicito tenuto ieri alla Chatham House, il prestigioso think tank di politica internazionale, l’ex primo ministro britannico ha messo in guardia dai possibili esiti dell’attuale scenario mondiale: «La globalizzazione e i suoi avvocati sono sulla difensiva — ha ammonito —. Il populismo di destra e di sinistra si incontrano nella denuncia del libero commercio, dell’immigrazione e delle alleanze internazionali: tutte cose dipinte come contrarie agli interessi nazionali.
Ma una volta che sarà chiaro che il populismo non funziona perché offre solo di esprimere la rabbia e non risposte effettive, allora i populisti potrebbero alzare la posta: e chissà dove la dinamica di questo scenario ci porterebbe. I paragoni con gli Anni 30 non sembrano più inverosimili».
Il riferimento è al collasso delle democrazie e all’ascesa del fascismo e del nazismo. Uno spettro che è già entrato nel dibattito pubblico, tanto che la scorsa settimana il Financial Times aveva dedicato un’intera pagina a «Donald Trump e il copione degli Anni 30: lo scollamento della democrazia liberale», dove si sottolineava con preoccupazione che «le guerre commerciali e la presa di mira delle minoranze in America e in alcuni Paesi europei hanno una forte eco storica». Ad Auschwitz Alcuni partecipanti alla «marcia dei viventi» avvolti nella bandiera di Israele, all’interno del campo di sterminio nazista(afp)
Le differenze con quell’epoca sono ovvie, ammetteva il quotidiano della City, soprattutto perché nessuno si aspetta lo scoppio di una guerra mondiale. Ma le politiche
anti-immigrazione di Trump, i richiami a un «asse dei volenterosi» da parte dei leader austriaci e bavaresi e le sparate di Matteo Salvini contro i rom venivano allineate
per concludere che «i paralleli sono troppo inquietanti per essere ignorati. In Europa le forze della disintegrazione sono in marcia e lo status quo ha difficoltà a montare una difesa». A completare il presagio, il Ft ricordava come nel 1930 il Congresso Usa avesse imposto pesanti dazi contro i suoi partner, proprio come sta facendo Trump: «Si aprì così la strada a guerre commerciali che alimentarono l’ascesa del fascismo europeo».
Tony Blair individua giustamente nell’ansia per l’immigrazione la forza che «sta rovesciando la politica» in tutta Europa. «È un problema enorme e sta senza dubbio spingendo le forze populiste: i leader europei devono affrontarlo, altrimenti il movimento populista continuerà a crescere». «Se vogliamo difendere la globalizzazione — ha concluso Blair — cosa che io faccio perché ha portato enormi benefici, dobbiamo fare i conti con le ansie che la gente ha nei suoi confronti: e l’immigrazione è quella principale». E lo stesso vale per la Brexit: «Non possiamo venirne a capo se non affrontiamo le questioni dell’immigrazione, che provocano la rabbia della gente».
Il problema però, come spesso accade, non è il messaggio ma il messaggero: Blair in Gran Bretagna è considerato un personaggio «tossico», un impresentabile. E se la difesa della democrazia liberale è affidata a politici screditati dell’altro ieri, allora l’orizzonte futuro si presenta davvero fosco.
L’ansia per i migranti Blair: «Per difendere la globalizzazione occorre affrontare l’ansia creata dagli immigrati»