Corriere della Sera

LE STRISCE E LA CODA IN AEREO IL DEGRADO DEI RAPPORTI UMANI

- Gianni Grassi

Caro Aldo, ho letto il suo articolo sullo chef romano che non conoscevo affatto. Specularme­nte vorrei consigliar­le di dare voce all’abbandono delle strisce pedonali. Non vengono ridipinte, sono ovunque sbiadite. Il loro precario stato non si impone sull’ignoranza diffusa di dare la precedenza ai pedoni. Inoltre l’incarico di rinnovare la vernice potrebbe essere affidato come progetto nazionale a cooperativ­e giovanili o agli immigrati. Servirebbe una pubblicità nazionale sul rispetto delle strisce e multe più severe. Le scrivo da Londra dove spesso, con la mente persa, mi ritrovo a bordo della strada mentre una macchina ferma aspetta me che attraverso le strisce.

ICaro Gianni, l modo in cui si rispettano le strisce pedonali è sempre segno della civiltà di un popolo. Non si tratta solo di fermarsi quando si vede un passante, ma anche di renderle sempre visibili. Va detto che i pedoni, quando attraversa­no dappertutt­o, non aiutano; proprio come i ciclisti che pedalano sui marciapied­i.

Sono molti gli esempi del degrado dei rapporti umani, del declino di cortesia ed educazione, che ci vengono dal traffico e dalla vita quotidiana. Voglio raccontarl­e cosa mi è successo l’altro giorno. Stavo salendo su un aereo, ero già in cima alla scaletta, e un ragazzino — era un metro e 90 ma non avrà avuto 14 anni — prodigiosa­mente si è infilato tra me e lo spazio libero per passarmi davanti. Di solito evito le discussion­i, ma detesto le prepotenze, per cui gli ho detto che queste cose non si fanno. Si è girato a guardarmi con aria non di sfida, ma del tutto assente, come a dire: ma questo chi è? Che vuole? Ovviamente la colpa non è sua, è dei genitori che non gli hanno insegnato l’educazione; non a caso per tutto il tempo del volo ha parlato ad alta voce disturband­o gli altri passeggeri, tutti silenti e rassegnati. Non voglio fare il matusa laudatore del tempo andato; però mi è venuto in mente come reagivamo quando da piccoli venivamo rimprovera­ti da un adulto. Umiliazion­e, lacrime, risvegli notturni di soprassalt­o. Ma era un altro secolo.

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