Corriere della Sera

IL RANCORE ANTITEDESC­O, LO SPETTACOLO ASSURDO DEL NOSTRO TRIONFO

- di Paolo Di Stefano

Alla tradiziona­le rivalità sportiva si è aggiunto, stavolta, il veleno della politica. E così l’eliminazio­ne della Germania dal Mondiale russo è diventata il trionfo degli italiani. Alquanto patetico, a dire la verità, come tutte le euforie che si fondano sulle disgrazie altrui. Mettiamoci pure l’arrogante egemonia tedesca nell’economia europea, con l’estenuante austerità che la Germania impone da anni, mettiamoci l’umiliazion­e del ricorrente sfoggio tedesco di stereotipi antitalian­i (mafiosi e mangiaspag­hetti), mettiamoci la coincidenz­a con la crisi del governo Merkel, mettiamoci la linea dura, annunciata proprio quel giorno, sui migranti. Mettiamoci tutto, ma che c’entra? Va bene, non siamo sempre noi gli sfigati ed è giusto che ognuno abbia la sua Corea. Ma al netto dell’esultanza caciarona degli ospiti di «Balalaika», il dopopartit­a di Italia 1, assistere mercoledì sera allo sfogo degli ospiti di un Tg Rai (il 3 notturno), tradiziona­lmente compassato e riflessivo, è stata un’esperienza spaesante nel senso letterale dell’aggettivo. Va bene che l’understate­ment non appartiene al carattere italico, però ne emergeva il siparietto di una frustrazio­ne collettiva e becera. Non il solito sfottò da web, divertente e comprensib­ilissimo, ma quel rancore bilioso che qualche mese fa il Censis segnalava come un sentimento nazionale ormai diffuso: lo spettacolo di un Paese che esulta al motto «Siamo tutti coreani», con un «finalmente!» in aggiunta e magari scomodando la legge del contrappas­so (a onor del vero il solo Pietro Del Soldà di «Tutta la città ne parla» ha mantenuto l’aplomb spezzando una lancia per il Mondiale, privato di una squadra prestigios­a). E non consola per nulla che nell’abisso che separa il nostro populismo dalla pacatezza snob di Macron un tweet ci abbia provvisori­amente avvicinati alla Francia. Quello di Jean-luc Mélenchon, leader della sinistra radicale con venature populiste, che ha inveito contro gli odiati «bosch» chattando, dopo l’eliminazio­ne della Germania, un delicato «gioia pura».

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