«Il pirata» di Bellini ritorna alla Scala e Yoncheva vince la sfida con Callas
Era il 19 maggio 1958 quando Il pirata di Bellini andò in scena alla Scala per l’ultima volta, protagonista Maria Callas affiancata da Corelli e Bastianini, direttore Antonino Votto. Sessant’anni dopo, si può immaginare quali apprensioni susciti il ritorno a Milano di questo titolo, icona tra le più nitide di quello stile belcantistico — leggi di quel rilievo della vocalità sulle altre componenti operistiche — la cui scarsa circolazione il melomane tipo sempre lamenta. Serata nervosa, dunque. Fin dal principio. Si percepisce nell’aria la voglia di ciascuno di dire la sua, se per osannare o impallinare i «malcapitati» che osano tanto, poco conta. E infatti alla fine gli scrosci d’applausi si mischiano a sonore disapprovazioni, i bersagli preferiti delle quali sono il baritono Nicola Alaimo, effettivamente indifendibile, e il povero direttore Riccardo Frizza, del tutto incolpevole. Lei, Sonya Yoncheva, la più attesa, la «sfanga», come si usa dire. I toni gravi sono profondi, i medi meravigliosi, gli acuti un po’ striduli. Ma la tecnica e la personalità tali da spegnere sul nascere ogni miccia. Non è Maria Callas, non è Mariella Devia. Ma è in ogni caso una signora cantante, che se ha un limite è proprio quello di voler strafare e «spingere» anche dove sarebbe bene ammorbidire. Parte in sordina, invece, ma a poco a poco conquista tutti il «pirata» Piero Pretti, voce un po’ leggera (agli antipodi rispetto a lei, e questo non giova agli insiemi) ma pulita, filata, a tratti anche elegante. A lui la maggior razione di applausi sul proscenio. Meritati. Inspiegabili invece le pesanti disapprovazioni destinate a Riccardo Frizza. Finalmente una bacchetta che pur rispettando le oltre 100 «fermate» dettate dalla scrittura di questo Bellini (un incubo), sa tenere la tensione orchestrale e reggere con tanta naturalezza l’impalcatura formale di questo titolo così diverso dagli altri dello stesso Bellini, perché molto più reattivo alla parola che alla quadratura strofica della frase. I passi sinfonici sono inoltre accurati come sempre si vorrebbe. In secondo piano lo spettacolo di Emilio Sagi. Suggestivi scene, luci e costumi. Ma non c’è regia.