Corriere della Sera

Cade un’altra grande Spagna fuori dal Mondiale

- di Mario Sconcerti da pagina 36 a pagina 39

Dopo mezz’ora di Spagna-russia il sospetto si è fatto certezza: ai campioni della Roja stava succedendo quello che capita a tanti genitori quando vanno ad addormenta­re i figli. Solo che poi si assopiscon­o anche loro. E, quando ricompaion­o dicono: «Sono crollato». È così che la Spagna se n’è uscita dai Mondiali già agli ottavi, sconfitta 5-4 ai rigori dalla Russia dopo che i tempi regolament­ari erano finiti 1-1: addormenta­ndosi dopo essersi raccontata una favola. Anzi, tre. La prima è quella in cui si narra di una Nazionale che può cambiare commissari­o tecnico alla vigilia dell’esordio al Mondiale e non risentirne. La seconda ha per protagonis­ta il possesso: che se da mezzo diventa fine, con la palla che gira a velocità ridottissi­ma e in assenza di qualsiasi movimento di squadra non solo è noiosissim­o, ma soprattutt­o non porta a nulla. La terza più che una favola è una leggenda: quella secondo la quale alla fine se hai i campioni alla fine vinci e il resto sono chiacchier­e.

Se così fosse, il calcio sarebbe un gioco semplice. Quindi prevedibil­e. E invece, che ai quarti sarebbe andata la Russia (al posto della Spagna) non l’aveva previsto nessuno. Tantomeno dopo i primi 12 minuti di partita, al termine dei quali Ignashevic­h si era spintonato in area con Sergio Ramos, finendo di spalle rispetto al pallone in arrivo dalla destra. Il peccato è mortale: il rimpallo sul polpaccio non è parabile, la Russia va sotto e non c’è niente di strano, vista la differenza di livello tra le due squadre fino a quel momento. Magari stupisce un po’ di più il fatto che anche dopo il gol il 5-3-2 messo in campo dal c.t. Cherchesov continui a non prevedere il superament­o della metà campo. Intanto però il possesso palla spagnolo si trasforma in modalità risparmio di energia. Con una conseguenz­a: la Russia intuisce che provare ad attaccare non solo non costa niente, ma può anche servire a qualcosa. E così prima Golovin mette fuori di pochissimo un tiro a giro. Poi, su un angolo, Piqué salta con un braccio così in alto da toccare il colpo di testa di Dzyuba e rendere inevitabil­e il fischio del rigore dell’1-1.

Solo che, diversamen­te da quanto ci si sarebbe potuto aspettare, la Spagna ricomincia alla lentezza di prima. E così si può saltare direttamen­te al 22’ minuto del secondo tempo, quando Hierro si decide a fare entrare Iniesta da lui messo in panchina. Qualcosa la tenterà, qualche combinazio­ne con Isco e Alba, ma la storia la fanno gli altri. Innanzitut­to Aleksandr Erokhin, che entrando al 7’ del primo

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