Uno Bianca, scarcerato Occhipinti I giudici: «Il pentimento è autentico»
Bologna, era all’ergastolo per omicidio ma da anni usciva di cella per lavorare
Marino Occhipinti, l’ex poliziotto assassino, il «gregario» della banda della Uno Bianca, è un uomo libero. Trent’anni dopo l’omicidio della giovanissima guardia giurata Carlo Beccari, durante l’assalto a una Coop alle porte di Bologna commesso insieme ai suoi complici in divisa, ventiquattro dopo il suo arresto e ventuno dopo la condanna all’ergastolo, può voltare definitivamente le spalle alle porte del carcere.
È libero, Occhipinti, perché secondo il Tribunale di sorveglianza di Venezia non è più l’uomo violento e senza scrupoli di allora. Perché, recita il provvedimento, il suo pentimento è «autentico», così come «il percorso di rivisitazione critica del suo passato».
L’ex vice-sovrintendente della squadra narcotici divenuto un criminale, negli anni di carcere a Padova sarebbe cambiato. Sarebbe un esempio di come la pena, in alcuni casi, possa davvero servire a rieducare, come dice la Costituzione. Ne è convinto il suo avvocato bolognese, Milena Micele, che lo ha assistito in tutti questi anni e che, il 20 giugno scorso, ha presentato in udienza una corposa documentazione a favore della libertà: perizie criminologiche, relazioni di sintesi sul suo lavoro svolto dentro il carcere e poi fuori dal 2012, quando ha guadagnato la semilibertà, e tanto altro.
Ne sono convinti i firmatari del provvedimento notificato ieri a Marino Occhipinti in carcere, il giudice Linda Arata e il presidente del Tribunale di Sorveglianza Giovanni Maria Pavarin. Uomo di legge, quest’ultimo, che più volte si è esposto in difesa del detenuto, invitando anche i familiari delle persone uccise e ferite a incontrarlo, convinto che un percorso di riavvicinamento fra vittime e carnefici sia possibile. Ma Pavarin ha sempre trovato davanti a sé un muro. È dunque facile, e umanamente comprensibile, immaginare che effetto avrà questa decisione sui parenti di chi ha perso la vita per mano di Occhipinti e dei fratelli Savi: Roberto, Alberto (i due poliziotti) e Fabio.
Una decisione senza precedenti perché l’ex vice sovrintendente della Squadra Mobile è il primo dei membri di spicco della banda, cioè quelli con le mani sporche di sangue, a tornare libero (i componenti «minori» della banda, Pietro Gugliotta e Luca Vallicelli, condannati a pene più lievi per non aver partecipato agli omicidi, lo sono ormai da anni).
L’esito di un percorso iniziato nel 2010 quello di Marino Occhipinti, con il primo permesso premio per partecipare alla Via Crucis organizzata da Comunione e liberazione. Poche ore ma sufficienti a scatenare tantissime polemiche.
Poi, all’inizio del 2012, la semilibertà: fuori dal carcere al mattino per lavorare (prima al call center della Usl di Padova poi all’ospedale di Mestre) e rientro in cella alla sera. «Scusatemi tutti», disse in quella occasione Occhipinti. Ma a Bologna nessuno apprezzò. Persino il sindaco criticò la linea dei giudici. Meno di un anno fa, un permesso di una settimana per un campo sempre di Comunione e liberazione in Val d’aosta.
La fede, il lavoro: la nuova vita dell’ex killer. Anche stavolta l’associazione dei familiari delle vittime, presieduta da Rosanna Zecchi (vedova di Primo, giustiziato dai Savi), ha alzato la voce. Le proteste sono arrivate fino in Parlamento attraverso il deputato bolognese democratico Andrea De Maria. Segno di quanto i crimini della banda della Uno Bianca facciano ancora molto male. ● Occhipinti, che fu condannato per un omicidio, era vice sovrintendente della Squadra Mobile