Il passato nemico della Cancelliera
Èprobabile che il principale nemico di Angela Merkel nelle prossime settimane sarà la reputazione di cui ha goduto negli scorsi anni.
La sua carriera politica cominciò quando fu scoperta da Helmut Kohl nei mesi, dopo la caduta del muro, in cui il cancelliere tedesco stava lavorando alla riunificazione del Paese. La «Mädel», come Kohl la chiamava affettuosamente, era figlia di un pastore protestante che aveva scelto di vivere nella Germania comunista per portarvi la parola di Cristo, era cresciuta nella Repubblica democratica tedesca, era seria, laboriosa, rispettosa. Forse qualcuno avrebbe dovuto chiedersi perché questa giovane donna avesse imparato il russo e sembrasse avviata, nei gruppi giovanili della Repubblica democratica tedesca, verso una carriera pubblica. Ma l’ala protettrice di Kohl e lo spirito della ritrovata unità la protessero da qualsiasi maliziosa insinuazione. Da allora la sua reputazione era andata progressivamente crescendo sino a fare di lei, nella immagine creata dai mezzi d’informazione, un novello Bismarck.
Aveva tratti e maniere che ispiravano fiducia. Vestiva come una bonaria donna di casa, dava prova di una considerevole energia e, almeno apparentemente, di una apprezzabile modestia. Cominciai ad avere qualche dubbio quando assistemmo ai modi sbrigativi con cui si sbarazzò del suo tutore. Il cancelliere aveva accettato una grossa tangente per la vendita di una raffineria, ma il denaro era destinato a creare una rete di rappresentanze della Cdu nelle città della Germania comunista dove bisognava formare una nuova società civile. Era una brutta storia, ma il disegno di Kohl non era privo di una comprensibile necessità politica per cui Merkel, in particolare, avrebbe dovuto provare una certa simpatia. Fu invece l’occasione per scalzare il padre della riunificazione e prenderne il posto.
I suoi partner europei dimenticarono rapidamente il suo cinismo. Nelle riunioni comunitarie dava prova di realismo e cercava pazientemente il migliore dei compromessi possibili. Rendeva omaggio all’asse franco-tedesco, ma non rinunciava a coltivare i rapporti con la Gran Bretagna. E quando la politica economica del suo Paese suscitava perplessità, soprattutto nei membri della Ue maggiormente colpiti dalla crisi del 2008, lasciava al suo ministro delle Finanze, Wolfgang Schäuble, o al governatore della Banca centrale tedesca, il compito di rappresentare l’intransigenza germanica. Sembrava che Angela avesse il dono di piacere a quasi tutti e avesse una innata capacità di evitare le trappole che sono tanto più numerose, lungo il cammino di un personaggio politico, quanto più rapidamente raggiunge la vetta.
Commise un errore quando decise che la Germania, dopo le rivolte arabe, avrebbe aperto le porte a un milione di profughi siriani? Abituati a credere nella sua abilità e nel suo realismo, molti pensarono che Merkel avesse fatto i suoi calcoli e perseguisse almeno due obiettivi: dare una risposta alla crisi della natalità tedesca invitando persone che presentavano il vantaggio di essere in buona parte laureate o diplomate; realizzare un obiettivo medio-orientale che aveva affascinato la Germania negli anni in cui l’imperatore era Guglielmo II e il cancelliere era Bethmann Hollweg. La Germania, in quegli anni, voleva gettare un lungo ponte ferroviario tra Berlino e Bagdad, addestrava l’esercito turco e costruiva una cattedrale luterana a Gerusalemme. Indipendentemente dalle reali intenzioni della cancelliera, quel milione di siriani è divenuto il suo incubo. Non aveva previsto che un gesto generoso, anche se frutto di un certo opportunismo, avrebbe avuto una serie di conseguenze negative. Avrebbe regalato alla destra radicale di Afd (Alternativa per la Germania) un’arma con cui attaccare il governo. E avrebbe incrinato il patto di collaborazione fra le due Democrazie cristiane del Paese: quella renana di Konrad Adenauer e quella bavarese di Franz Josef Strauss (oggi guidata da Horst Seehofer). Sapremo nei prossimi giorni se avrà anche l’effetto di guastare l’alleanza fra popolari e socialdemocratici: un rapporto di collaborazione che è stato per molti anni, in Germania e altrove, una garanzia per la stabilità dell’europa e per il suo processo unitario.
Opportunismo
Merkel non aveva previsto che quel gesto generoso dell’accoglienza, anche se frutto di opportunismo, avrebbe avuto queste consegne