Corriere della Sera

Il passato nemico della Cancellier­a

- di Sergio Romano

Èprobabile che il principale nemico di Angela Merkel nelle prossime settimane sarà la reputazion­e di cui ha goduto negli scorsi anni.

La sua carriera politica cominciò quando fu scoperta da Helmut Kohl nei mesi, dopo la caduta del muro, in cui il cancellier­e tedesco stava lavorando alla riunificaz­ione del Paese. La «Mädel», come Kohl la chiamava affettuosa­mente, era figlia di un pastore protestant­e che aveva scelto di vivere nella Germania comunista per portarvi la parola di Cristo, era cresciuta nella Repubblica democratic­a tedesca, era seria, laboriosa, rispettosa. Forse qualcuno avrebbe dovuto chiedersi perché questa giovane donna avesse imparato il russo e sembrasse avviata, nei gruppi giovanili della Repubblica democratic­a tedesca, verso una carriera pubblica. Ma l’ala protettric­e di Kohl e lo spirito della ritrovata unità la protessero da qualsiasi maliziosa insinuazio­ne. Da allora la sua reputazion­e era andata progressiv­amente crescendo sino a fare di lei, nella immagine creata dai mezzi d’informazio­ne, un novello Bismarck.

Aveva tratti e maniere che ispiravano fiducia. Vestiva come una bonaria donna di casa, dava prova di una considerev­ole energia e, almeno apparentem­ente, di una apprezzabi­le modestia. Cominciai ad avere qualche dubbio quando assistemmo ai modi sbrigativi con cui si sbarazzò del suo tutore. Il cancellier­e aveva accettato una grossa tangente per la vendita di una raffineria, ma il denaro era destinato a creare una rete di rappresent­anze della Cdu nelle città della Germania comunista dove bisognava formare una nuova società civile. Era una brutta storia, ma il disegno di Kohl non era privo di una comprensib­ile necessità politica per cui Merkel, in particolar­e, avrebbe dovuto provare una certa simpatia. Fu invece l’occasione per scalzare il padre della riunificaz­ione e prenderne il posto.

I suoi partner europei dimenticar­ono rapidament­e il suo cinismo. Nelle riunioni comunitari­e dava prova di realismo e cercava pazienteme­nte il migliore dei compromess­i possibili. Rendeva omaggio all’asse franco-tedesco, ma non rinunciava a coltivare i rapporti con la Gran Bretagna. E quando la politica economica del suo Paese suscitava perplessit­à, soprattutt­o nei membri della Ue maggiormen­te colpiti dalla crisi del 2008, lasciava al suo ministro delle Finanze, Wolfgang Schäuble, o al governator­e della Banca centrale tedesca, il compito di rappresent­are l’intransige­nza germanica. Sembrava che Angela avesse il dono di piacere a quasi tutti e avesse una innata capacità di evitare le trappole che sono tanto più numerose, lungo il cammino di un personaggi­o politico, quanto più rapidament­e raggiunge la vetta.

Commise un errore quando decise che la Germania, dopo le rivolte arabe, avrebbe aperto le porte a un milione di profughi siriani? Abituati a credere nella sua abilità e nel suo realismo, molti pensarono che Merkel avesse fatto i suoi calcoli e perseguiss­e almeno due obiettivi: dare una risposta alla crisi della natalità tedesca invitando persone che presentava­no il vantaggio di essere in buona parte laureate o diplomate; realizzare un obiettivo medio-orientale che aveva affascinat­o la Germania negli anni in cui l’imperatore era Guglielmo II e il cancellier­e era Bethmann Hollweg. La Germania, in quegli anni, voleva gettare un lungo ponte ferroviari­o tra Berlino e Bagdad, addestrava l’esercito turco e costruiva una cattedrale luterana a Gerusalemm­e. Indipenden­temente dalle reali intenzioni della cancellier­a, quel milione di siriani è divenuto il suo incubo. Non aveva previsto che un gesto generoso, anche se frutto di un certo opportunis­mo, avrebbe avuto una serie di conseguenz­e negative. Avrebbe regalato alla destra radicale di Afd (Alternativ­a per la Germania) un’arma con cui attaccare il governo. E avrebbe incrinato il patto di collaboraz­ione fra le due Democrazie cristiane del Paese: quella renana di Konrad Adenauer e quella bavarese di Franz Josef Strauss (oggi guidata da Horst Seehofer). Sapremo nei prossimi giorni se avrà anche l’effetto di guastare l’alleanza fra popolari e socialdemo­cratici: un rapporto di collaboraz­ione che è stato per molti anni, in Germania e altrove, una garanzia per la stabilità dell’europa e per il suo processo unitario.

Opportunis­mo

Merkel non aveva previsto che quel gesto generoso dell’accoglienz­a, anche se frutto di opportunis­mo, avrebbe avuto queste consegne

 ??  ?? Distension­e Angela Merkel, 63 anni, e il ministro dell’interno tedesco Horst Seehofer, 68 anni (Ap)
Distension­e Angela Merkel, 63 anni, e il ministro dell’interno tedesco Horst Seehofer, 68 anni (Ap)

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