Corriere della Sera

La fake news del bavaglio al web

Il sito oscurato per protesta. Ma la riforma europea non lo tocca

- di Massimo Sideri

La stretta sul copyright irrita Wikipedia e i lobbisti. Il sito oscurato per protesta. Ma la riforma europea non lo tocca.

Ieri era impossibil­e cercare dall’italia sull’encicloped­ia collettiva online Wikipedia il termine fake news, notizia falsa. Una serrata volontaria ha oscurato il sito, per protesta contro la stretta sul copyright. Ma se l’idea che è passata è che la direttiva sul diritto d’autore — in agenda per il voto del Parlamento europeo domani — metta a rischio la «Rete libera» e realtà come quella di Wikipedia questa è proprio la tipica fake news capace di propagarsi con finalità economiche e di fare danni. Nel testo già emendato al voto del Parlamento europeo proprio le «encicloped­ie online senza scopi commercial­i» (leggi Wikipedia) sono tra le eccezioni. Come le pubblicazi­oni con finalità di ricerca e studio. Sia i servizi «wiki» sia i mercati online come ebay, di cui non si faceva cenno nella proposta iniziale della Commission­e europea, sono stati salvati proprio dalle camere europee. Per essere chiari, visto che anche su questo circola di tutto, non rientrano nella determinaz­ione del cosiddetto value gap, cioè il valore per cui la piattaform­a deve o bloccare o pagare i diritti sul copyright, nemmeno gli spazi di archiviazi­one personali come icloud o Dropbox.

Non c’è nessun bavaglio alla Rete. Magari c’è una normativa perfettibi­le (quale non lo è?). Ma la maggior parte delle argomentaz­ioni che circolano contro la normativa licenziata pochi giorni fa dalla commission­e dell’europarlam­ento sono faziose. Messe ad arte in circolazio­ne dalle potenti lobby delle big tech che ormai investono in questa antica pratica più del mondo della finanza. Come Link Tax, il furbo soprannome che è stato dato alla normativa per via dell’articolo 11 che introduce l’obbligo di pagamento per le piattaform­e come Google, Facebook e Microsoft che usano contenuti dei giornali trasforman­doli in un business proprio. Peccato che non si tratti di una tassa. E che non sia sui link.

Dovremmo chiamarla «no link, no tax», ma non avrebbe la stessa forza. Anche il ministro del Lavoro Luigi Di Maio si è espresso contro nonostante la normativa difenda proprio il lavoro di tante categorie: giornalist­i, innegabile, ma anche cantanti, registi, creativi, pubblicita­ri. La difesa ideologica della Rete libera, cara ai pentastell­ati, rischia di essere una difesa economica degli interessi di grandi industrie: Youtube paga un ventesimo di quanto paghi Spotify, che già di per sé paga in centesimi e non è certo generoso.

Solo questa mattina si saprà se a Strasburgo ci sono i numeri per bloccare il voto di domani e rimandare tutto a settembre (le richieste devono arrivare da almeno cinque partiti). Dunque lo scenario politico è ancora molto incerto ed è probabile che non si riesca ad arrivare subito a un mandato all’europarlam­ento per trattare con il Consiglio e la Commission­e nel cosiddetto trilogo. Questo vuole dire che saranno possibili altri emendament­i che potranno ulteriorme­nte modificare e, visto il clima, svuotare la forza dell’intervento. È un fatto che non sia possibile accontenta­re tutti in questa partita.

Inoltre le elezioni europee del prossimo anno rendono il tempo una risorsa più scarsa del solito: la sensazione è che se la partita non verrà chiusa subito non verrà chiusa mai. Ogni Europarlam­ento, come quelli nazionali, ha una vita propria e viste le difficoltà è impensabil­e che chi subentrerà, chiunque sia, spenda di nuovo la propria credibilit­à politica contro questa macchina da guerra.

Le lobby avranno vinto.

Europarlam­ento

Il voto è previsto per domani ma potrebbe essere rinviato a settembre

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