Corriere della Sera

L’INCIAMPO IRRITA IL CARROCCIO MA IL GOVERNO NON VACILLA

- di Massimo Franco

Ha qualcosa di inaspettat­o, la sentenza della Corte di Cassazione che chiede di sequestrar­e i conti della Lega dovunque si trovino. Ma stupisce anche il modo in cui reagisce il partito di Matteo Salvini, quasi accreditan­do la tesi di un complotto contro un Carroccio che con la sua politica darebbe «fastidio a qualcuno». Una vicenda ereditata dalla gestione di Umberto Bossi, rischia di aprire un conflitto tra il vertice della magistratu­ra e il ministro dell’interno e vicepremie­r. E allunga un’ombra in una fase di crescita leghista, almeno nei sondaggi.

La questione riguarda gli oltre 48 milioni di euro per i quali l’ex capo leghista Umberto Bossi e altri sono stati condannati per truffa allo Stato: sentenza dopo la quale i magistrati di Genova, il 4 settembre scorso, hanno chiesto la confisca di ogni somma di denaro della Lega. Salvini si era opposto al provvedime­nto. Ma la Suprema Corte ieri ha dato ragione agli inquirenti. Certo, fa impression­e leggere che qualunque somma, «ovunque venga rinvenuta», deve essere confiscata.

Sono parole che negano, a sorpresa, una cesura tra l’amministra­zione degli uomini di Bossi e quella successiva. E provocano una reazione piccata. «Siamo stupiti di apprendere dalle agenzie, prima ancora che dalla Cassazione», si legge in una nota della Lega, «le motivazion­i della sentenza per cui dovrebbe proseguire il sequestro relativo a quasi 49 milioni di euro di rimborsi elettorali». Si rivendican­o «totale trasparenz­a e onestà». Si negano «conti segreti all’estero».

E sarcastica­mente si replica: «Sarà nostra premura portare in monetine da 10 centesimi al tribunale tutto quello che abbiamo raccolto come offerte da pensionati, studenti e operai durante il raduno di Pontida». Ma le gocce di veleno sono alla fine del comunicato: lì dove Luigi Centemero, deputato e amministra­tore della Lega, evoca l’ombra di una provocazio­ne contro il partito. «Forse», insinua, «l’efficacia dell’azione di governo della Lega dà fastidio a qualcuno. Ma non ci fermeranno certo così». Inevitabil­e la polemica degli avversari: contro Salvini e contro il vicepremie­r del M5S, Luigi Di Maio.

Il Pd cerca nella sentenza l’occasione per ritorcere contro Salvini l’espression­e «è finita la pacchia», usata contro i migranti. Quanto a Di Maio, gli si imputa di avere gridato a lungo «onestà» per ritrovarsi con un alleato che deve allo Stato milioni di euro. Ma è difficile che la vicenda basti a risollevar­e le sorti della sinistra, nè a far vacillare un governo che ieri, col premier Giuseppe Conte, ha rivendicat­o la compattezz­a; rispetto dei vincoli europei; e un rapporto «eccellente» con Salvini. Anche se a chiuderla non basteranno neanche le querele preparate dalla Lega contro chi «parla a sproposito di soldi rubati».

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