Corriere della Sera

Scomparso il 9% di chi parte Il dato record dell’ultimo mese

- di Federico Fubini

Per chi si imbarca in cerca di un futuro in Europa, non era mai stato tanto probabile morire in mare durante la traversata dalla Libia. Né erano mai state tanto più frequenti le partenze in giugno, da quando esistono dati credibili, rispetto a quelle di maggio. E del resto non era neppure mai stato così alto il numero di migranti che approdano in Spagna, in proporzion­e a quelli che arrivano in Italia. Nella prima metà dell’anno i flussi sono diventati quasi equivalent­i: secondo l’organizzaz­ione internazio­nale delle migrazioni, 15.426 sbarchi in Spagna contro 16.585 in Italia. Gli oneri sopportati dai due Paesi sono ormai simili.

Qualcosa di nuovo sta succedendo sulle rotte migratorie, da quando il primo giugno ha giurato al Quirinale il governo di Giuseppe Conte. Solo i prossimi mesi diranno se sia solo una coincidenz­a tra eventi senza relazione tra loro, o se la svolta sulla rotta del Mediterran­eo centrale sia anche effetto del nuovo governo italiano. Di certo non tutte le novità sono rassicuran­ti, a partire da quelle sui naufragi.

Nell’ultimo mese — soprattutt­o dalla seconda metà, inclusi i primi due giorni di luglio — si registra il terzo più alto numero di morti e scomparsi in mare da quando due anni e mezzo fa le agenzie internazio­nali hanno iniziato a tenere i conti. Sono annegati o risultano scomparsi nel Mediterran­eo il 9% di coloro che hanno provato la traversata dalla Libia, la quota più alta di sempre. In tutto si tratta di 679 morti. Se n’erano avuti di più solo nel maggio e nel novembre 2016, ma allora le partenze dalle coste libiche erano il doppio o il triplo rispetto a quelle di quest’ultimo giugno.

I dati sono calcolati da Matteo Villa dell’ispi di Milano sulla base delle cifre fornite dall’organizzaz­ione internazio­nale delle migrazioni (Oim) e dall’alto commissari­ato per i rifugiati dell’onu (Unhcr). Mostrano che ogni singola traversata non era mai stata tanto pericolosa, neanche in pieno inverno. Di solito per i migranti le probabilit­à di morire in mare erano state attorno al 2%, ma nelle ultime settimane qualcosa è cambiato: sono quasi sparite dalle acque davanti alla Libia le navi per la ricerca e soccorso delle Organizzaz­ioni non governativ­e. La Aquarius di Sos Méditerran­ée e di Medici senza frontiere è ferma a Marsiglia dopo il lungo viaggio verso Valencia; la Seefuchs e la Seawatch 3, di due Ong tedesche, sono entrambe bloccate a Malta, mentre la Lifeline si trova lì sotto sequestro. «Da quando le Ong sono state messe nell’impossibil­ità di lavorare, la minore presenza di navi che pattuglian­o quelle acque sta rendendo i naufragi più frequenti», osserva Flavio Di Giacomo dell’oim.

In teoria la vigilanza dovrebbe essere assicurata da Themis,

la missione europea di Frontex nel Mediterran­eo, oltre che dalla Guardia costiera libica equipaggia­ta grazie alle forniture dell’italia. E in effetti i guardiacos­te di Tripoli lavorano a pieno regime: il mese scorso hanno intercetta­to in mare e riportato verso centri di detenzione in Libia — che raccolgono insieme uomini, donne e bambini — il 51% dei migranti in piena traversata.

Ma, appunto, su questo aspetto emerge la seconda novità. Se non gli arrivi in Italia, in forte calo da agosto scorso, senz’altro solo ora le partenze dalla Libia stanno di nuovo aumentando. Erano state 4.500 a maggio e sono oltre 7 mila a giugno, mentre negli anni precedenti i due mesi avevano registrato flussi molto simili tra loro. Forse è un segno che sta scricchiol­ando l’accordo che l’italia aveva stretto con le tribù libiche di Sabrata. Di certo sta crescendo anche la rotta dal Marocco: nei primi sei mesi del 2018, l’aumento degli sbarchi in Spagna è del 137%. Checché ne dica il ministro dell’interno Matteo Salvini, oggi una pressione non minore di quella sull’italia.

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