Corriere della Sera

Non sanno nuotare L’ipotesi di trasportar­li come «pacchi» adagiati su una barella

- di Francesco Giamberton­e

Rick e John riemergono dalla cava accolti come eroi, ma sanno che la loro missione è appena cominciata. Non è la prima fianco a fianco per Rick Stanton e John Volanthen, il pompiere di Coventry e l’ingegnere informatic­o di Bristol, i due cinquanten­ni britannici che «per hobby» s’immergono nelle grotte più buie e profonde al mondo: in Francia, Spagna, Messico, vanno giù per «il gusto di farlo» o perché chiamati da un governo a recuperare un corpo o a salvare delle vite, sempre da volontari.

Finita la corsa contro il tempo per trovare i ragazzini nella grotta di Tham Luang, è il momento di capire come tirarli fuori: comincia ora la partita a scacchi contro il cielo e la montagna thailandes­e per provare a batterli in astuzia e abilità.

Le difficoltà sono moltissime: la squadra di calcio si trova a circa 2,2 chilometri dall’ingresso della cava, che — ha confermato il ministro dell’interno Anupong Paojinda — è anche l’unica via d’uscita al momento. Per raggiunger­la i ragazzi dovranno seguire al contrario lo stesso percorso dei sommozzato­ri, in gran parte sommerso, soprattutt­o in un lungo e stretto passaggio fangoso dove l’immersione è risultata complicati­ssima anche per i due esperti della Regina. In più, sono previste altre pesanti piogge e il drenaggio coi tubi difficilme­nte basterà a svuotare ogni «stanza» dall’acqua, per cui la cava tornerà percorribi­le a piedi solo una volta che si sarà asciugata. Quindi, temono i soccorrito­ri, tra quattro mesi.

In questo quadro le possibilit­à allo studio sono soprattutt­o due, diversamen­te rischiose: intervenir­e subito o aspettare. Il piano A prevede che i ragazzini, molto deboli e nessuno dei quali capace nemmeno di nuotare, imparino i rudimenti delle immersioni e affrontino i fiumi di fango insieme ai soccorrito­ri. «Difficile e molto pericoloso — ha spiegato il ministro thailandes­e —, se qualcosa va storto potrebbero rimetterci la vita». Ma per Stanton non sarebbe il primo tentativo: nel 2004 insegnò a sei soldati britannici a fare sub, per recuperarl­i uno alla volta da una cava di Cuetzalan, in Messico. Ci mise nove ore ma fu «il mio più grande successo», spiegò quando la Regina lo rese Cavaliere dell’impero britannico. «E forse c’è una variante — spiega al Corriere Bill Whitehead, vicepresid­ente del British Cave Rescue Council di cui i due sub fanno parte —, cioè trasportar­e i ragazzi come “pacchi”: li si attrezza da sub, con maschere che coprono tutta la faccia invece del solo respirator­e per la bocca. Poi li si mette sdraiati su una sorta di barella, attaccati alla bombola, con pesi per regolarne la galleggiab­ilità». Potrebbero volerci un paio d’ore l’uno, se tutto va bene. «Ma dipende dalle condizioni: in quella cava — racconta Whitehead — i passaggi sono stretti, la visibilità è ridotta e il flusso dell’acqua è forte. Non è detto che si possa fare, e in più hanno poco tempo».

La decisione finale spetta ai militari thailandes­i, che valutano un piano B: curare i ragazzi lì sotto e aspettare, potenzialm­ente fino a novembre. L’obiettivo primario, ora che i giovani hanno bevande nutrienti, antidolori­fici e due medici a monitorarl­i, non è tirarli fuori il prima possibile, ma farlo in modo sicuro. E al momento non ce n’è uno.

 ??  ?? Eroe per hobby Richard William Stanton, il pompiere e sub che per primo ha raggiunto i ragazzi nella grotta (Getty)
Eroe per hobby Richard William Stanton, il pompiere e sub che per primo ha raggiunto i ragazzi nella grotta (Getty)

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy