Corriere della Sera

Bloccato in auto nel sottopasso allagato «Mamma non respiro, sto morendo»

L’operaio, 51 anni, rientrava dal lavoro. «Ha chiamato i soccorsi ma non è arrivato nessuno»

- Massimo Massenzio Floriana Rullo

RIVAROLO (TORINO) Sarebbe bastato un semaforo rosso, oppure una transenna, per evitare la morte di Guido Zabena, operaio 51enne annegato nella notte tra lunedì e martedì nel sottopassa­ggio tra Rivarolo e Feletto, nel Canavese, in provincia di Torino. Invece quella stretta galleria scavata sotto i binari della linea ferroviari­a è rimasta aperta, si è riempita di acqua e fango ed è diventata una trappola mortale. Fino all’ultimo Guido è rimasto al telefono con la madre: «Ciao mamma, è l’ultima volta che ci sentiamo. Sto soffocando, sto morendo».

Poi ha riposto il telefono sull’aletta parasole, sperando che qualcuno venisse a salvarlo. Ma quando i primi soccorrito­ri sono arrivati a Rivarolo per lui non c’era più nulla da fare.

Da 22 anni Zabena, operaio alla Dayco di San Bernardo d’ivrea, percorreva quella strada tutti i giorni per andare al lavoro. L’altra sera aveva appena finito il turno di notte in fabbrica e solo pochi minuti prima aveva attraversa­to la galleria senza problemi per accompagna­re a casa una collega. Quando è tornato indietro ha tentato comunque di passare, ma la sua Punto si è fermata al centro del tunnel. Il quadro elettrico si è spento, i finestrini si sono bloccati e un muro di acqua alto più di due metri e mezzo gli ha impedito di aprire le portiere. Dieci minuti prima dell’una ha dato l’allarme: ha chiamato il 112 e poi i genitori, che lo aspettavan­o nella villetta dove abitavano tutti insieme, a Favria, a pochi chilometri di distanza.

«Aveva chiamato i soccorsi, ma non era ancora arrivato nessuno — racconta fra le lacrime mamma Maria Stella —. Io gli ho detto di stare tranquillo che suo papà sarebbe arrivato a salvarlo». Pietro, il padre, ha preso un martello e si è messo in macchina per correre a Rivarolo. Per una tragica fatalità padre e figlio si erano scambiati le auto e Guido gli aveva lasciato la sua vecchia Punto azzurra: «Se avesse usato quella, forse, sarebbe ancora vivo — si dispera il padre —. Ha i finestrini a manovella e sarebbe riuscito ad abbassarli».

Invece è rimasto prigionier­o nell’abitacolo. Tre ragazzi, appena usciti dal vicino bowling, hanno visto l’auto in panne e si sono tuffati per cercare di raggiunger­la, ma è stato tutto inutile e quando Pietro ha raggiunto il sottopasso suo figlio era già morto: «Ho continuato a chiamarlo a ripetizion­e — dice Maria Stella —. Ma non rispondeva più

Il padre «Aveva la mia auto, se avesse avuto la sua, senza vetri automatici, si sarebbe salvato»

e allora ho capito che era finita».

Non è la prima volta che quel tunnel, inaugurato diciotto anni fa, si è riempito d’acqua, ma nessuno ha mai pensato di installare un semaforo. Il comitato Mobilità e Sviluppo Alto Canavese ha presentato diversi esposti al Comune di Rivarolo: «Ma di risposte ne abbiamo avute poche — dice uno dei fondatori, Graziano Colacicco, ex vicesindac­o di Feletto —. Il problema è legato alla manutenzio­ne. A 20 metri da quel sottopasso scorre un canale, le pompe funzionano male e griglie e tombini di scolo sono sempre pieni. Quattro anni fa la prima macchina era rimasta bloccata, poi ci sono stati molti altri problemi, ma nessuno si era mai fatto male. Ieri le cose sono andate diversamen­te».

Il procurator­e di Ivrea Giuseppe Ferrando ha aperto un fascicolo «atti relativi per morte per annegament­o», ma il sindaco di Rivarolo Alberto Rostagno, che ha espresso la sua vicinanza alla famiglia di Zabena, assicura che le idrovore funzionava­no: «Abbiamo pulito tutte le canaline di scolo giovedì scorso e le tre pompe sono state testate lunedì pomeriggio. Purtroppo è caduta una quantità di acqua eccezional­e e non prevedibil­e e questa situazione l’abbiamo ereditata dalla precedente amministra­zione. Quello che è successo è terribile e ora stiamo preparando un’ordinanza per mettere immediatam­ente in sicurezza la galleria». Ormai, però, è troppo tardi.

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