«Ora più equilibrio tra chi crea contenuti e i big che li usano»
Il presidente Siae difende le nuove norme
«Stiamo assistendo a un’opposizione aggressiva e un po’ miope: la direttiva può aiutare l’intera industria culturale, che in Italia dà lavoro a quasi un milione di persone e ha opportunità di crescita importanti».
Filippo Sugar, dirigente dell’omonima casa discografica e presidente della Siae, non ha dubbi sulla bontà della riforma in discussione a Bruxelles.
Wikipedia (solo in Italia) ha incrociato le braccia definendola «disastrosa».
«Loro, a dire il vero, sono esclusi perché non agiscono a titolo commerciale».
Contestano di essere una no profit ma di avere una licenza d’uso commerciale e criticano l’articolo 11, che impone il pagamento per l’utilizzo dei contenuti dei giornali.
«Ripeto: non capisco la posizione così netta che hanno assunto. Nel testo c’è un riferimento chiaro all’esclusione delle enciclopedie online».
Perché sostiene l’approvazione della direttiva?
«Mira a equilibrare il rapporto fra chi crea e chi utilizza i contenuti. Da una parte ci sono gli interessi della grande industria creativa europea, dell’altra quelli della grande industria digitale americana».
In mezzo ci sono gli utenti e il futuro di Internet.
«Guardi, se passa questa direttiva l’utente sarà ancor più tutelato: oggi spesso non si rende conto di essere lui il responsabile delle violazioni del diritto d’autore. E potrà godere di maggiore qualità online e del lavoro di autori e giornalisti remunerati in modo adeguato».
Accordi con i vari Facebook e Google sono già in essere. Non si rischia di mettere sotto pressione le società più piccole?
«Al contrario. È anche una questione di concorrenza fra le piattaforme. Pensi a Spotify: non usa gli user-generated-content
e deve siglare accordi con gli aventi diritto. Il suo primo concorrente è Youtube, che sfrutta anche il materiale caricato da terzi dicendo di non poterlo controllare nella sua interezza. È concorrenza sleale e c’è una sproporzione fra quanto pagano le due società ai detentori dei diritti».
Il cosiddetto «value gap». Cosa dice invece dell’uso consentito di materiale protetto?
«Sono le piattaforme e i proprietari dei diritti a dover lavorare insieme per applicare sistemi di identificazione e remunerazione».
Il ministro del Lavoro, Di Maio, è contrario su tutta la linea.
«Gli ho chiesto di incontrarci. Bisogna definire in termini concreti che cosa può significare la norma dal punto di vista occupazionale».