La carta dell’eredità dei giochi di 12 anni fa Ma villaggio alla Thyssen
Podio in piazza Duomo e bob a Sankt Moritz La scelta bipartisan Nordico in val di Fiemme e hockey a Bolzano La scommessa Dolomiti
TORINO La formula, secondo la sindaca Chiara Appendino «vincente», con cui Torino si fa avanti per ospitare i Giochi olimpici invernali nel 2026 ruota attorno a quella che nel dossier presentato al Coni viene definita «doppia eredità». La prima eredità è quella lasciata dalle Olimpiadi del 2006, un patrimonio di impianti e infrastrutture, costato allora 486 milioni di euro, da riqualificare e riutilizzare per realizzare un evento low cost; la seconda è quella che i Giochi lasceranno all’indomani della cerimonia di chiusura: residenze universitarie e sociali, un polo per le imprese innovative all’ex Thyssen, dov’è previsto il nuovo villaggio olimpico, un piano di gestione che rilanci il turismo invernale nelle valli olimpiche.
Tutto all’insegna della sostenibilità: ambientale ed economica. Come vogliono i Cinque Stelle. «Non costruiremo nulla ex novo e non faremo debito», ha assicurato Appendino, che però deve fare i conti con il dissenso No Olimpiadi all’interno della maggioranza, tanto che per convincere i disobbedienti si è dovuto scomodare, senza riuscirci del tutto, Luigi Di Maio.
Il ritorno dei cinque cerchi sotto la Mole viene visto, non solo da Appendino ma dai sindaci delle valli (dove si disputeranno le gare sulla neve) e dal governatore Sergio Chiamparino, come un’opportunità di rilancio: proprio a partire dagli impianti costruiti dodici anni fa, e non sempre riutilizzati al meglio. «Il 2006 non è stato perfetto — ha ammesso la sindaca — ma ci ha lasciato un’eredità che ci consente ora di essere più credibili». Gli impianti ci sono già tutti: dal salto a Pragelato al bob a Cesana, fino al pattinaggio di velocità al Lingotto. Per rimetterli a posto serviranno 111 milioni di euro, a cui bisognerà aggiungerne altri 600 per i villaggi olimpici e tutto il resto.
«Il 2006 non è stato perfetto ma ci consente ora di essere più credibili»
Una candidatura per tre, che dai palazzetti cittadini per l’hockey e per il curling si allarga a tutta la Lombardia, alle piste da sci della Valtellina, per poi sconfinare a Sankt Moritz, in Engadina.
Milano, Lombardia, Svizzera. Le Olimpiadi del 2026 e tre villaggi olimpici. In città gli atleti saranno ospitati allo scalo Romana, una delle sette aree ferroviarie dismesse, in Valtellina nell’ex ospedale di Sondalo, mentre per Sankt Moritz basterà un residence. Nel dossier spedito al Coni s’immagina poi d’allestire in piazza Duomo lo spazio per le premiazioni (medals plaza) e di dedicare all’evento ben quattro aree centrali (fan zone): Castello, Darsena, piazza Gae Aulenti e piazza Tre Torri.
Il sogno di Milano olimpica prende forma. Le discipline del ghiaccio in città (il Palaolimpico da 18 mila posti sorgerà in periferia, a Santa Giulia), lo sci a Bormio e a Santa Caterina Valfurva, gli impianti svizzeri per il bob e il trampolino. Oggi il presidente del Coni Giovanni Malagò sarà in città per incontrare il governatore Attilio Fontana e il sindaco Beppe Sala. «A Torino avevo offerto una collaborazione, ma c’è stato un blocco del “sistema” locale, per cui noi poi siamo andati avanti e ora deciderà il governo», ha ribadito ieri Sala: «Rimango convinto che non sia facile che a soli 12 anni di distanza vengano riassegnate le Olimpiadi a Torino e che quindi sarebbe stato meglio che le due città lavorassero insieme». «Il nostro progetto è migliore», la sintesi del presidente della Lombardia. La sfida mette per una volta dalla stessa parte la Regione leghista e il Comune di centrosinistra. In imbarazzo, per la concorrenza della Torino di Chiara Appendino, sono invece i Cinque Stelle: ieri in Regione hanno disertato il voto a sostegno della Milano olimpica.
«A Torino avevo offerto una collaborazione ma c’è stato un blocco, ora deciderà il governo»
Luca Zaia «Abbiamo candidato un territorio montano vero che vive davvero di sport sulla neve»
CORTINA D’AMPEZZO (BELLUNO) Un’olimpiade «economica, sostenibile e rispettosa dell’ambiente» quella che il governatore Luca Zaia ha proposto per Cortina, che si accontenta di soli 380 milioni di investimenti infrastrutturali e che, nei progetti, non lascerà nella cittadina ampezzana neppure un asse di legno, visto che poggerà principalmente su costruzioni temporanee. Eppure le ricadute positive ventilate nel dossier inviato al Coni sono molte, a partire dalla riqualificazione in chiave accessibile di impianti e strutture, prima eredità che seguirà le Paralimpiadi collegate ai Giochi.
Tre i luoghi di riferimento del masterplan — i cosiddetti «cluster» olimpici — il primo è ovviamente quello di Cortina stessa, dove sono ipotizzati sci alpino, free style, snowboard, bob, skeleton, slittino e curling; quindi la val di Fiemme e Piné, che ospiteranno sci nordico, salto e combinata nordica e pattinaggio di velocità; infine Bolzano e Merano con hockey, pattinaggio di figura, short track, e biathlon ad Anterselva. Non è un caso che due dei punti nodali del progetto siano oltre il confine veneto, in pieno Trentino: «Una candidatura tanto per Cortina quanto per tutte le Dolomiti — rimarcava Zaia —. Nasce dal complesso sciistico più grande al mondo, che comprende Trento e Bolzano, sedi prestigiose per diverse discipline sportive invernali». E qui sta anche l’elemento di rottura voluto dallo stesso Zaia nella sua sfida alla proposta dei compagni di partito lombardi e piemontesi, con la loro «Mito»: «Non abbiamo candidato una città metropolitana, ma un territorio montano vero, che vive realmente di sport sulla neve e sul ghiaccio». Questa mattina il presidente della Regione Veneto consegnerà personalmente la proposta ai vertici ministeriali e sportivi.