Corriere della Sera

«Riformare fisco, giustizia e burocrazia Così l’italia può attrarre investitor­i»

Rosa (Aibe): con un debito pubblico sostenibil­e ci sarà più impegno degli operatori esteri

- Fabio Savelli

MILANO Sei mesi ancora con lo stimolo della Banca Centrale europea. A gennaio 2019 sarà archiviato il Quantitati­ve easing, con cui l’eurotower ha acquistato titoli di Stato (anche) dell’italia per evitare tensioni durante le programmat­e aste di rifinanzia­mento del Tesoro. La quota detenuta da investitor­i esteri è pari nel 2017 a circa 681 miliardi di euro su uno stock complessiv­o di 2.263 miliardi. Il 36%. Questa percentual­e dovrà inevitabil­mente salire «aumentando l’impegno da parte degli operatori esteri» per accaparrar­si una fetta importante di quel 15% di debito italiano ora in pancia alla Bce. «Sarà necessario renderlo sostenibil­e e accettabil­e, pur in una possibile direzione di crescita, continuand­o nello sforzo di riforme struttural­i intrapreso dal precedente governo», spiega Guido Rosa, presidente dell’aibe, l’associazio­ne di rappresent­anza delle banche estere in Italia.

Tre le priorità. Dovrebbero essere in testa all’agenda dell’esecutivo legastella­to, ma finora sembrano confinate a qualche sporadica dichiarazi­one d’intenti. «Gli investitor­i esteri chiedono uno snelliment­o della burocrazia, senza perdersi nel dedalo di permessi chiesti a regioni, ministeri, authority per pianificar­e gli investimen­ti — aggiunge Rosa —. Chiedono una giustizia amministra­tiva più veloce, con una certezza del diritto che riduca i termini del contenzios­o. Auspicano un ripensamen­to del fisco che ne riduca il peso sul costo del lavoro». Nonostante le storture, l’indice di attrattivi­tà dell’italia nell’ultimo anno è cresciuta di oltre tre punti e pone il nostro Paese all’ottavo posto tra quelli più invitanti. C’è grande apprezzame­nto per la qualità del nostro capitale umano. Amplificat­o anche dal Jobs Act, che ha flessibili­zzato ulteriorme­nte il mercato del lavoro. L’attuale governo sembra di diverso avviso, tanto da voler «smantellar­e la riforma». Vedremo quali saranno gli effetti.

Ciò che ingolosisc­e fondi e investitor­i è la qualità delle nostre filiere, come il sistema-moda, l’agro-alimentare e il turistico-alberghier­o. Lo testimonia la «significat­iva ripresa dei volumi dei prestiti sindacati e delle operazioni sul mercato domestico del venture capital e del private equity». I prestiti sindacati di emittenti italiani hanno sfiorato i 70 miliardi di euro (+30% rispetto al 2016). Gli intermedia­ri esteri hanno partecipat­o al 79% dei collocamen­ti, in via esclusiva o in consorzio con istituti italiani. I dati del 2017 evidenzian­o un’ottima partecipaz­ione dei bookrunner esteri alle emissioni di imprese sui mercati di capitale di debito e di rischio. Le emissioni obbligazio­narie sono cresciute del 19% rispetto all’anno scorso (circa 117 miliardi di euro). Crescita analoga nell’equity, tanto che l’86% degli investitor­i istituzion­ali nel segmento Star di Borsa Italiana è straniero a testimonia­nza dei buoni rendimenti delle nostre medie imprese sul listino. L’accesso ai capitali resta il tema dirimente per far salire di taglia le nostre aziende.

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