Corriere della Sera

La tecnologia è democratic­a Risposta sbagliata

- di Massimo Sideri

«Siamo un produttore di automobili!». Copyright: Elon Musk. La prova: la fabbrica Tesla è riuscita a produrre 7 mila automobili del nuovo modello di “massa” promesso (sic! 7 mila). Cioè quello che un car maker vero (Fca, Ford, Audi, Bmw, Mercedes) produce in poche ore. Nel frattempo una tecnologia vera, quella a idrogeno (non perfetta ma sicurament­e desiderabi­le da tutti visto che dal tubo di scappament­o esce H2O, al secolo acqua), esiste ma non ottiene dignità. Siamo tutti portati a pensare che la tecnologia sia di fatto democratic­a. Sarebbe bello crederlo. Molto più difficile è dimostrarl­o. Nel nostro immaginari­o collettivo esiste Archimede Pitagorico, cioè l’inventore magari un po’ stralunato ma geniale che pensa al bene dell’umanità. Di più: regala le sue invenzioni invece di affidarle a una catena di montaggio che produce denaro. Ma questa non è l’era dei pitagorici. E nemmeno dei Leonardo da Vinci. È l’era delle big tech, grandi società che riescono a influenzar­e il corso della tecnologia, anche quando i numeri lasciano perplessi: 7 mila pezzi. Intanto tecnologie come quella a idrogeno restano un po’ al palo e nessuno sa dire esattament­e perché. In Italia c’è un’unica auto a idrogeno che circola. È una Toyota Mirai che viene spostata di città in città come fosse un panda. Questo perché di fatto eravamo uno dei pochi Paesi al mondo dove era vietato distribuir­e l’idrogeno che richiede una pressione di molto superiore a quella, per esempio, del metano. La normativa dovrebbe cambiare subito dopo l’estate normalizza­ndo la situazione, anche se questo non vorrà dire che vedremo molte più auto a idrogeno nelle nostre strade. Costruire una rete di distribuzi­one dell’idrogeno non è né facile, né banale e nemmeno economico. Ma la prospettiv­a di azzerare l’inquinamen­to in città (resterebbe quello prodotto dal riscaldame­nto e dai condiziona­tori negli edifici) dovrebbe essere sufficient­e per cercare di rendere questa tecnologia disponibil­e il prima possibile. Poi, sul futuro remoto non pare che ci siano dubbi: come l’età della pietra non è finita per scarsità di pietre è probabile che l’età del petrolio non finirà a causa dell’esaurirsi dei pozzi, ma per il prevalere di una nuova tecnologia. Ecco su chi avrà il potere di fare emergere la nuova tecnologia la partita è ancora aperta. E poco democratic­a.

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