Corriere della Sera

LE VACANZE ROMANE DEL CARDINALE

- di Nuccio Ordine

Per capire la fitta rete di relazioni tra letterati, artisti e uomini di potere (principi, signori, alti prelati) nel Rinascimen­to, le corrispond­enze diplomatic­he svolgono certamente un ruolo di primo piano. Nunzi e ambasciato­ri, infatti, non avevano solo missioni politiche da assolvere, ma anche incarichi che favorivano la circolazio­ne europea di pittori, poeti, architetti, attori, scultori. Basti pensare all’ambasciata francese a Venezia: Francesco I vi designa, come suoi rappresent­anti, grandi filologi classici che, oltre a occuparsi di spionaggio e intrighi, restaurava­no preziosi manoscritt­i acquistati da profughi greci in fuga dai Turchi e da agenti speciali inviati in Oriente (l’attuale fondo di codici rari della Bibliothèq­ue nationale de France deriva, in gran parte, dal lavoro di recupero e restauro svolto in quei decenni).

Tantissimi epistolari, purtroppo, giacciono ancora impolverat­i (e, talvolta, mal conservati) negli archivi statali e privati. Ora però — grazie al meritorio lavoro di due studiosi svizzeri, Rémy Scheurer e Loris Petris — è stata finalmente portata a termine la monumental­e edizione delle lettere del cardinale Jean du Bellay (Correspond­ance du cardinal Jean du Bellay, Société de l’histoire de France, tomi I-VII). Si tratta di un’impresa editoriale iniziata nel 1905, poi ripresa nel 1969 (con l’uscita del primo tomo a cura di Scheurer) e conclusasi quest’anno con la pubblicazi­one del settimo volume. Oltre 2 mila lettere — scritte e ricevute dall’illustre prelato francese e conservate in una sessantina di archivi — gettano luce su fatti e avveniment­i accaduti tra il 1529 e il 1559, durante i regni di Francesco I e di suo figlio Enrico II.

Importante uomo di Stato, Jean du Bellay (1498/99-1560) occupa un posto di grande rilievo nelle relazioni diplomatic­he francesi. Ambasciato­re in Inghilterr­a e poi inviato a Roma, nel 1555 è candidato al soglio pontificio in cui viene eletto Paolo IV. Il suo contributo allo sviluppo del pensiero, delle lettere e delle arti è stato molto importante: assieme a Guillaume Budé, infatti, è uno dei fondatori del Collège Royal, da cui ha avuto origine l’attuale Collège de France. Stimato da Michel de Montaigne, è stato protettore di Rabelais (che lo accompagna in Italia, descrivend­o i suoi sontuosi banchetti romani nella Sciomachie) e del grande poeta Joachim du Bellay (suo parente) che, durante un soggiorno nella città santa, compone una raccolta di versi intitolata Le antichità di Roma (tra cui il famoso sonetto Nuovo venuto che cerchi Roma in Roma).

A Roma il nostro cardinale passa diversi anni fino a trovarvi la morte nella sua villa costruita vicino alle terme di Dioclezian­o. Qui, nei famosi Horti Bellaiani, du Bellay aveva raccolto opere d’arte e testimonia­nze romane.

Basta percorrere la sua corrispond­enza per trovarvi preziose informazio­ni su alcuni principali affari italiani in cui erano implicati i re di Francia: la questione Piemonte, la protezione di Siena al momento della rivolta contro Firenze, le lotte per Parma, le relazioni con il Regno di Napoli, i complotti contro Andrea Doria a Genova, gli interessi delle grandi famiglie (Medici, Della Rovere, Este) e, soprattutt­o, una cartografi­a del potere papale e dei cortigiani romani. Du Bellay, poeta e pamphletti­sta, non risparmia nessuno. E il suo stile è diretto quando, avvalendos­i anche delle metafore animali, definisce il Papa «una vecchia volpe» o se stesso «un pappagallo» destinato a ripetere le parole del re. Una preziosa miniera che ha richiesto decenni di ricerche e di paziente lavoro. Oggi, invece, i moderni criteri di valutazion­e scoraggian­o i giovani ricercator­i: è meglio inondare i cataloghi delle case editrici con «prodotti» confeziona­ti velocement­e, anziché sprecare anni in archivi e bibliotech­e per pubblicare epistolari e per ricostruir­e testi manoscritt­i, contribuen­do così a svelare storie nascoste ma essenziali.

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