Corriere della Sera

Baryshniko­v non balla, solo poesie per l’amico Brodsky

- Emilia Costantini

NAPOLI Al centro del palcosceni­co una struttura liberty: una serra, una sorta di giardino d’inverno ad ampie vetrate. Entra in scena un uomo con una valigia in mano. Si guarda intorno smarrito, posa la valigia, tira fuori un pacchetto di sigarette, ne vorrebbe fumare una ma non ha l’accendino. Si siede su una panca e dalla valigia estrae una fiaschetta di brandy, che ogni tanto tracanna, e dei libri. Inforca gli occhiali, inizia a leggere.

Michail Baryshniko­v è Joseph Brodsky, con la regia di Alvis Hermanis. Il danzatore si fa poeta. Al Politeama di Napoli, nell’ambito del Festival (stasera a Firenze, poi a Venezia) recita in russo i versi del suo amico scomparso nel 1996: un malinconic­o esercizio di memoria e nostalgia. È l’incontro di due voci, due anime, attraverso un unico corpo, un incontro sospeso tra inferno e paradiso. Due amici, due grandi russi in uno scambio simbiotico di solitudine e rimpianto.

Sono tre i modi che Baryshniko­v sceglie per recitare le poesie di Brodsky: quelle dette a memoria sulla scia del ricordo; quelle che legge sui libri; quelle che emergono dalla voce stessa del poeta, custodita in un vecchio registrato­re a bobine. Non è il Baryshniko­v danzatore a esibirsi, pur accennando passi di danza. E non è nemmeno teatro di prosa il suo, non declama i versi, semmai li incarna in un gioco di rimandi e sentimenti che alludono a forme espressive di varia natura, tra cui la danza Butoh e Kabuki.

Un omaggio, questo sì, a un personaggi­o che Baryshniko­v conosce sin da ragazzo, quando si appassiona­va alla sua produzione poetica. Molti anni dopo, avvenne l’incontro a New York: Brodsky, perseguita­to dal Kgb, trovò rifugio negli Stati Uniti, dove Baryshniko­v viveva da tempo. Si conobbero a una cena in casa di amici russi, «e quando Joseph, che ammiravo, mi fece cenno di sedermi accanto a lui — racconta —, mi si fermò il cuore per l’emozione».

Un’emozione che si ripete ora in palcosceni­co, in una dimensione astratta, dove Baryshniko­v è Brodsky e viceversa. L’idea della morte è presente in ogni parola, in ogni gesto del ballerino-poeta. Uno show minimalist­a in cui il doppio personaggi­o si rivolge al pubblico in modo diretto, semplice: «Voglio far parlare le parole — dice il protagonis­ta — le esibisco, cercando di dar loro una vita nuova». Un dialogo a distanza, insomma, tra chi non c’è più e chi vuole tenerlo ostinatame­nte in vita. Ad applaudire calorosame­nte Baryshniko­v, anche Carla Fracci e Beppe Menegatti.

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In scena Mikhail Baryshniko­v, 70 anni, durante lo spettacolo dedicato al poeta Brodsky

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