Corriere della Sera

Un Mondiale senza qualità che fa sperare anche noi

- di Mario Sconcerti

Abbiamo un ruolo noi italiani nel cammino della Svezia ai Mondiali? La sua gloria è anche un po’ la nostra o non cambia niente? Direi di no per tanti motivi. Il primo e il più ovvio è che comunque la Svezia ci ha battuto, non possiamo confrontar­ci adesso con loro, l’abbiamo già fatto qualche mese fa ed è finita male. Il secondo è che i confronti incrociati non funzionano mai. C’è una fantastica regola in matematica per cui nemmeno il pilastro della proprietà transitiva è sempre vero. Più sempliceme­nte, la Svezia adesso è nei quarti, ma è arrivata ai Mondiali con gli stessi punti dell’olanda eliminata. Allora l’olanda è nei quarti? E in quanti dovremmo esserci? È chiaro che c’è un inganno. L’ultimo motivo per non crederci è che la Svezia è sempre stata una buona squadra, non fantastica, ma forte, equilibrat­a, non facile da battere. Non è una straordina­ria sorpresa perdere 1-0 con la Svezia, non potrà esserlo mai. La vera Corea dell’evento siamo stati noi. E la vera sorpresa, che è quasi un dispetto, è che la Svezia è tornata fra le prime del mondo il giorno dopo che si è ritrovata senza Ibrahimovi­c. Detto questo è giusto aggiungere che il nostro calcio esce da questi Mondiali un po’ riqualific­ato. Nel senso che nessuno al mondo sta giocando bene. Non parlo dei primissimi, parlo del popolo del calcio, della normalità. È poca cosa, anche abbastanza vecchia. A parte Mbappé non c’è un nome veramente nuovo, non c’è un modo di giocare diverso. Noi restiamo bassi, ma ora abbiamo le prove che stiamo vivendo in un pianeta a nostra altezza. Abbiamo molto da fare per tornare a giocare un buon calcio, quasi niente per tornare al livello degli altri. Sorpreso dal nostro declino, è come se il mondo avesse deciso di aspettarci. Anche il Brasile, di gran lunga la squadra migliore, è un Brasile normale. Mancano Pelé, Zico, Ronaldo, Amarildo, Garrincha, Pepe, Tostao, Romario, Falcao, cioè non c’è un’eccezione, ma un modo di essere. La nostra minima rivincita semmai è che stanno perdendo quasi tutti. Ma sinceramen­te mi fermerei qui.

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