Corriere della Sera

Liberissim­o di fare il bad boy ma sia pronto a pagarne il prezzo

Impossibil­e comportars­i male e sperare di essere amati e popolari

- Tommaso Pellizzari

MOSCA Non c’è niente di male a voler essere un bad boy. Anche perché (come sanno i rapper) può essere molto redditizio. Però Neymar deve anche decidersi. Perché (come sa Fabrizio Corona) fare il bad boy è un lavoro a tempo pieno. Altrimenti non si è credibili, come smetterebb­e di esserlo (a parti invertite) un prete sorpreso a rubare le offerte della domenica.

Neymar deve scegliere che cosa vuole essere. Prendendo come modello (e non gli si può fare compliment­o migliore) Diego Maradona. Si è scandalizz­ato qualcuno per il doppio dito medio del Pibe in diretta mondiale? No, anzi. Perché Maradona è quello. Ma non c’è stato un solo momento della sua carriera (e della sua vita) in cui Diego abbia voluto essere anche l’opposto: un modello per i bambini, un volto per gli sponsor, il figlio o il genero ideale. Oltre che un calciatore dalla classe apollinea, come Neymar è.

Ma essere un bad boy da un lato paga, dall’altro costa: per esempio, in termini di popolarità. E l’impression­e è che Neymar questo prezzo non lo voglia pagare, cercando di tenere tutto insieme. Solo che questo voler essere al tempo stesso una cosa e il suo contrario è pericoloso. Da un lato, perché viviamo in un’epoca in cui sempre meno persone accettano la complessit­à e le sfaccettat­ure di persone e cose. Quindi, o si è una cosa o si è l’altra. Soprattutt­o, però, conoscendo anche le pessime prove di sé che Neymar ha dato quando era solo una grande promessa del Santos, viene il sospetto che la sua faccia buona Eccessivo Neymar si dispera dopo il fallo subito dal messicano Layún

(Getty Images) e positiva sia più una maschera. Che, come sempre nei momenti di grande stress, finisce per cadere.

Tra insulti all’arbitro, simulazion­i e indice sulle labbra verso i tifosi avversari, in questo Mondiale a Neymar è già scappato fuori tutto il campionari­o. Un gesto maleducato o una parola di troppo sfuggono a tutti. Poi si chiede scusa e l’incidente è chiuso. Ma se la cosa si ripete, smette di essere episodica e si rivela per quello che è: un aspetto (e non secondario) del modo di essere di una persona.

E infatti in Brasile sono in tanti a non amare più Neymar e quella che per molti è ormai una conclamata sindrome di Peter Pan, che il suo entourage (a partire dal padre) di certo non aiuta a guarire. Non un bel risultato, per il talento più puro espresso dal calcio brasiliano dopo Ronaldinho. A proposito di gente che di personalit­à ne aveva una sola.

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