Vuole arrivare in fondo
Uruguay in missione per migliorare il 4° posto del 2010
Maestro
● Oscar Tabarez è nato a Montevideo il 3 marzo 1947. Difensore, laureato in magistero (foto), ha iniziato ad allenare nel 1980 ● Nel 2016 ha rivelato di essere affetto dalla sindrome di Guillainbarré, neuropatia che attacca il sistema motorio SAN PIETROBURGO Cercare di fregare l’uomo chiamato Maestro non è facile nemmeno adesso, che ha il viso scavato e il passo affaticato. Figurarsi dodici anni fa. Eppure quelli della Federazione uruguayana ci hanno provato. Dopo aver fallito la qualificazione al Mondiale erano in crisi d’identità e di idee. E consideravano Tabarez troppo debole, manipolato dai giocatori o dai procuratori. Così, ben sapendo che l’allenatore aveva in mano offerte tre volte superiori, gli offrirono il minimo di stipendio: 240 mila dollari all’anno. Con la speranza che rifiutasse.
Non fu così. E quattro anni dopo l’allenatore meno pagato del Mondiale sudafricano riportò l’uruguay al quarto posto, dopo 40 anni. Adesso ci riprova, sfidando la Francia ai quarti.
Aggrappato alla sua stampella, per gli effetti della sindrome di Guillain-barré che lo debilita. E a un gruppo di giocatori irretito dal suo carisma, dalla sua coerenza, dalla sua umanità. «Ma restiamo umili — dice lui — e non pensiamo di essere speciali solo perché diamo tutto sul campo per la Celeste. Solo così possiamo andare fino in fondo».
Perché Washington, come lo chiamano solo gli amici più stretti con cui ama ridere e scherzare, ha una missione da compiere. E va avanti nonostante tutto. Quattro anni fa la figlia glielo chiese dopo l’uscita agli ottavi contro la Colombia e il ricevimento nel palazzo presidenziale: «Papà, lascia qui, ti prego». Lui, come racconta Jorge Señorans nell’ultima biografia «L’eredità del Maestro», rispose asciutto: «Vado avanti, perché ho un lavoro da fare. E il difficile viene proprio adesso, perché si tratta di mantenere il livello raggiunto».
Con altre parole, Tabarez lo disse anche al ritorno dal Mondiale 2010, davanti a centinaia di migliaia di persone che ringraziavano la squadra a Montevideo: «Il successo non è fatto solo dai risultati, ma anche dalle difficoltà che si superano per ottenerli, dalla lotta permanente e dallo spirito con cui si affrontano le sfide. Il cammino è la ricompensa».
Quest’ultima frase, che è un proverbio taoista, è diventata il marchio di fabbrica del Maestro, come il doppio passo di Cristiano Ronaldo o una serpentina di Messi. Assieme a un’altra: «I campioni non nascono nelle palestre. Nascono quando qualcuno ha una visione, un sogno, una meta».
Che poi è quello che il Maestro ha messo nero su bianco quando ha preso per mano l’uruguay. Non come l’ultimo dei romantici o come un santone, perché odia essere considerato così. Ma presentando un documento di riforma più da amministratore delegato che da studente di filosofia, ex calciatore e allenatore con un passato da insegnante nelle scuole dei quartieri popolari di Montevideo: «Il progetto di istituzionalizzazione del processo delle selezioni nazionali Leader
Oscar Tabarez, 71 anni, dirige una seduta di allenamento della nazionale uruguaiana (Ap) e della formazione dei calciatori», è la base da cui è ripartito un Paese con meno abitanti della Toscana (3,3 milioni): tecnica e tattica ovviamente non sono secondarie, ma condotta, disciplina, professionalità, «companerismo», coerenza e adesione alla