Corriere della Sera

Aziende del Nord, il fronte anti Lega «Pessimo inizio non erano amici?»

- di Giuseppe Alberto Falci

Questa volta l’opposizion­e arriva da dentro. Il primo atto fortemente politico approvato dal Consiglio dei ministri, ovvero il decreto dignità, sta scontentan­do gli imprendito­ri delle regioni del Nord, e in particolar­e del Veneto, da sempre simpatizza­nti del Carroccio di Matteo Salvini.

C’è infatti una fetta di uomini di industria che da ore sta facendo sentire la sua voce fino a via Bellerio. «Tutto questo — sbottano — dagli amici della Lega non ce lo saremmo mai aspettato». Nei passaparol­a fra gli imprendito­ri il refrain è sempre lo stesso: «È un pessimo inizio». Matteo Zoppas, presidente di Confindust­ria Veneto, è stato fin troppo chiaro: «Mentre vuole difendere il lavoro, il decreto indirettam­ente crea i presuppost­i che porteranno molte aziende a chiudere».

I limiti stringenti ai contratti a tempo determinat­o non possono essere digeriti dal tessuto più produttivo del Paese. Lo stesso rumore si manifesta in Lombardia, regione guidata dal leghista Attilio Fontana, dove anche qui gli imprendito­ri lamentano un approccio sbagliato da parte dell’esecutivo gialloverd­e. Alvise Biffi, amministra­tore delegato della Secure Network, azienda con sede a Milano che si occupa di cyber sicurezza, la mette così: «Il mio giudizio è negativo perché rimette incertezza, non vedo insomma alcun vantaggio ad assumere personale». Gli fa eco Giorgio Possio, presidente di Spesso Gaskets, azienda leader del settore automotive: «Già il nome del provvedime­nto è un controsens­o. È difficile assegnare una dignità con un decreto che irrigidisc­e ancor più il sistema».

E che sia stato forse un passo falso se ne è reso conto anche Matteo Salvini. Martedì, intervenen­do a In Onda su La7, il ministro dell’interno ha provato a spegnere il fuoco amico: «Il provvedime­nto è un buon inizio, ma il Parlamento lo renderà ancora più efficiente». Come dire, alla Camera e al Senato se ne riparlerà.

Intanto i malumori iniziano a serpeggiar­e anche all’interno della Lega. Da Montecitor­io l’ordine di scuderia è «bocche cucite e avanti». Nei territori, invece, la protesta prende forma. Raccontano che i leghisti del Veneto sono infuriati perché «noi — dicono — non possiamo permetterc­i di perdere gli imprendito­ri, gli artigiani, categorie che qui ci hanno votato in blocco». Non a caso Toni Da Re, segretario nazionale della Liga Veneta, svela lo scontento al Corriere Veneto: «Il decreto dignità taglia le gambe alle imprese». Un messaggio forte e chiaro a Salvini. L’imbarazzo è tale che anche Roberto Marcato, assessore regionale alle Attività produttive e leghista di rango, afferma di voler parlare con tutte le categorie del Veneto per realizzare un dossier da portare a Di Maio. «Convocherò gli imprendito­ri raccoglien­do critiche e suggerimen­ti e porterò al ministro dello Sviluppo economico la sintesi», avverte. Aggiunge caos al caos Massimo Colomban, uomo forte dell’imprendito­ria veneta ma soprattutt­o ex assessore di Virginia Raggi: «Parlo a nome degli imprendito­ri di Rete sì e dico che tutte le misure che irrigidisc­ono la flessibili­tà del lavoro e dell’impresa non sono viste positivame­nte».

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