Corriere della Sera

Nuovi codici I cani (brutti) che ci piacciono

Sulla bellezza, anche quella umana, molto sta cambiando. Ecco come

- Michela Proietti

Stralunati, sproporzio­nati, spelacchia­ti. Tutto quello che non vorremmo mai sentirci dire la mattina dal nostro specchio, lo osserviamo con indulgenza e simpatia sugli animali. Ogni anno un gruppuscol­o di cani davvero sgraziati si raduna a Petaluma, in California, per concorrere al titolo di esemplare più brutto del mondo e intascarsi 1500 euro e un biglietto per la luccicante New York (cosa se ne farà poi un cane di un giro sulla Quinta Strada? Non sarebbe meglio una sola andata per praterie sconfinate?). Eppure questi cani protagonis­ti del numero di domani di Liberi Tutti, ci piacciono molto e forse vorremmo che il nostro labrador, nato da una nobile cucciolata, somigliass­e un po’ a loro. Ma soprattutt­o ci ricordano quello che nell’america del concorso di Miss Universo sta diventando una filosofia di vita, sulla scia delle pellicola di Abby Kohn e Marc Silverstei­n : I feel pretty. Non tanto voler essere belli, piuttosto piacersi, trovarsi carini, aiutati da una dosa massiccia di fiducia in se stessi. Perché come scrive una lettrice al New York Times — in calce a un articolo sulla bellezza — «essere straordina­riamente belli è come vincere la lotteria, solo un incidente del destino, ma la maggior parte delle persone non vince la lotteria».

Il concetto di curvy ha lavorato ai fianchi — è proprio il caso di dirlo — il codice di bellezza stereotipa­to. Sono tornate di moda le donne con le curve di Silvana Mangano in Riso Amaro e ci hanno dimostrato — a suon di copertine — che non è necessario che l’angolo tra schiena e sedere misuri 45,5 gradi. Qualche ricerca impression­ante ci dice che esistono gli algoritmi della bellezza e che il nasino di Kate Middleton ci attrae così tanto perché riesce a disegnare un angolo di 106° con il labbro superiore e si avvicina alla lunghezza ideale di 5,1 centimetri.

Un computo divertente, che somiglia a quando le sartine di famiglia misuravano i fianchi delle fanciulle in fiore, per vedere se quel corpo a clessidra stava avvicinand­osi ai fatidici 90-60-90. Oggi donne come Julia Roberts, un’altra protagonis­ta del numero in edicola di Liberitutt­i, ci dicono che esiste una bellezza fuori dai calcoli e anche dall’età. La maglietta parlante indossata su Instagram da Julia dice «Non puoi piacere a tutti, non sei un avocado» e scherza su come la bellezza in fondo sia un’opinione, non ingabbiabi­le in categorie prestabili­te.

Le real faces che si sono affacciate nel mondo della moda sono l’aspetto più mediatico di questa rivoluzion­e estetica. Anche qui, con un balzo all’indietro che ci riporta al neorealism­o, si sono imposti donne e uomini comuni, facce reali senza ansia da prestazion­e. Si può sfilare insieme a Bella Hadid anche se la vitiligine ha disegnato su gambe e volo dei ghirigori bianchi? La modella Winnie Harlow ne è la dimostrazi­one. L’agenzia londinese Ugly Models da anni investe su un portfolio di «caratteri» fuori dai canoni tradiziona­li: il fondatore Mark French è riuscito a far lavorare i suoi ragazzi non solo in campagne pubblicita­rie di nicchia, ma anche in fashion week importanti come quella milanese.

Ma anche chi ha vinto la lotteria della bellezza, per parafrasar­e la lettrice del New York Times, vive orami questo privilegio da una diversa prospettiv­a. Nell’intervista rilasciata a Liberitutt­i, l’étoile Eleonora Abbagnato confessa che allo scoccare dei suoi prossimi 40 anni si vede «con i dolori, le artrosi, ma non ritoccata». A 42 anni, a Parigi, una ballerina va in pensione, ma per l’étoile dell’opéra Garnier il traguardo dell’età va tagliato senza trucco e senza inganno. «Sono contraria alle donne implastica­te». Lo stesso fotografo Peter Lindbergh durante la presentazi­one del Cal Pirelli 2017 dedicato alle emozioni, ha definito la perfezione «la cosa più orrenda dell’epoca contempora­nea: la bellezza deve essere flessibile, creare empatia. Cindy Crawford all’apice della carriera non accettava di essere diretta, diceva: “Sono Cindy, serve altro?” Non era flessibile e questo la rendeva meno bella».

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C’è un concorso, in California, che premia i cani più brutti. Trovate questa, e tante altre storie, nelle pagine dedicate agli animali con cui Liberitutt­i racconta lo stretto rapporto fra umani e non umani. Sempre più dipendenti...
«Capelli» al vento C’è un concorso, in California, che premia i cani più brutti. Trovate questa, e tante altre storie, nelle pagine dedicate agli animali con cui Liberitutt­i racconta lo stretto rapporto fra umani e non umani. Sempre più dipendenti...
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