Corriere della Sera

All’incrocio tra Gesù e Maometto La via della conoscenza reciproca

I rapporti tra i culti monoteisti più diffusi nella ricostruzi­one di Mazzuca e Girotti Zirotti (Mondadori)

- Di Marco Rizzi

Mai come in questo caso, l’immagine di copertina riesce a dare il senso di un libro. Vi compaiono, mentre si guardano e sorridono, Papa Francesco e Ahmed al Tayyeb, Grande Imam di al-azhar, l’università del Cairo che rappresent­a il cuore, intellettu­ale e religioso, dell’islam sunnita. Ancora più importante del gioco degli sguardi, l’imam tiene tra le mani un libro, con tutta probabilit­à un’enciclica del Papa. Qui, però, ciò che conta è il libro in quanto tale, il libro come frutto del pensiero e strumento di comunicazi­one, che permette di conoscere e far conoscere, di capire e di farsi capire, a partire dalla parola e dalla ragione che accomunano tutti gli uomini.

La strada della conoscenza e della riflession­e è quella che viene individuat­a da Giancarlo Mazzuca e Stefano Girotti Zinotti — due noti giornalist­i, ovvero uomini della parola e della comunicazi­one — per provare a disinnesca­re nel volume Noi fratelli, pubblicato da Mondadori, la serie degli equivoci e dei pregiudizi che separano ancora oggi il mondo cristiano da quello islamico. Una distanza che spesso si trasforma in ostilità, ma che nasce da una conoscenza solo parziale delle vicende che hanno visto certamente sanguinosi conflitti tra le due grandi comunità religiose — ma non bisogna dimenticar­e le divisioni interne, altrettant­o violente, che hanno attraversa­te entrambe — e però anche intensi momenti di dialogo, di conoscenza reciproca e di scambio intellettu­ale.

Così, nella prima parte del libro, che contiene anche una lettera di Papa Bergoglio, si intreccian­o vicende di guerre e di persecuzio­ne con episodi di incontro e di dialogo, come lo scambio di ambascerie e di doni tra Carlo Magno e il califfo Harun alrashid, la «missione» di san Francesco presso il sultano, la tolleranza religiosa nella Spagna andalusa o nella Gerusalemm­e di Federico II, per un breve periodo nel corso del XIII secolo. Pagine queste ultime forse meno note, ma decisive per mostrare come la vicenda dei rapporti tra cristianes­imo e Islam non vada ricondotta solo alla dimensione del conflitto e dell’estraneità, ma si sia nutrita, sin dall’inizio dell’espansione musulmana nel VII secolo, di altrettant­i momenti di pacifico incontro.

Nella seconda parte del libro l’attenzione si sposta sui nostri giorni, a partire dall’episodio che nel dicembre del 1916 vide l’uccisione in Algeria di Charles de Foucauld, il missionari­o cristiano che aveva scelto di condivider­e la vita delle tribù nomadi del deserto. Sempre di più nel corso del XX secolo, di fronte al conflitto si viene L’incontro tra San Francesco e il sultano d’egitto almalik al-kamil nel 1219 in un dipinto realizzato nel 1429 dall’artista Beato Angelico (1395-1455) intreccian­do il filo di un dialogo sempre più stretto tra i migliori esponenti del mondo cristiano e di quello islamico, fondato sul rispetto e la conoscenza reciproca, ma soprattutt­o sulla fiducia nelle possibilit­à della ragione umana di trovare punti di incontro tra culture e tradizioni religiose diverse, in nome della comune fede nella trascenden­za.

Acutamente, i due autori rileggono in questa chiave il discorso tenuto dall’allora Papa Benedetto XVI all’università di Ratisbona, che venne invece superficia­lmente interpreta­to come una critica all’islam. Al contrario, esso nasceva proprio dalla fiducia che la ragione sia in grado di purificare la religione, ogni religione, dalle incrostazi­oni che nel corso dei secoli possono averla ridotta a strumento di violenza e dominio, anziché di condivisio­ne e di servizio. Da questa prospettiv­a, emerge la sostanzial­e continuità che lega l’azione degli ultimi pontefici, da Paolo VI a Giovanni Paolo II, da Ratzinger, appunto, a Papa Francesco, guidata dalla convinzion­e che la via del dialogo sia essenziale.

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