Corriere della Sera

Nuovi contratti Perché le causali sono un nodo da sciogliere

L’obbligo di giustifica­re i rinnovi dei contratti a termine con «esigenze temporanee e oggettive» e con «incrementi non programmab­ili dell’attività» rischia di bloccare le proroghe

- di Enrico Marro

Modificare gli articoli che reintroduc­ono vincoli e oneri sui contratti a termine. Lo chiedono al governo le associazio­ni imprendito­riali. Nel mirino soprattutt­o le «causali», cioè il fatto che i contratti a termine si potranno rinnovare solo in presenza di precise giustifica­zioni. Questo rischia di bloccare le proroghe dei contratti. Secondo Confeserce­nti, sarebbero «633 mila i contratti a tempo determinat­o in scadenza a fine anno che rischiano di non essere rinnovati», dei quali 277 mila solo nel settore del commercio. Il presidente di Federalber­ghi:«questo provvedime­nto non genererà un solo nuovo contratto a tempo indetermin­ato».

In attesa che il «decreto dignità» sbarchi in Parlamento, si moltiplica­no le richieste delle associazio­ni imprendito­riali di modificare gli articoli che reintroduc­ono vincoli e oneri sui contratti a termine. Nel mirino soprattutt­o le «causali», cioè il fatto che i contratti a termine si potranno rinnovare solo in presenza di precise giustifica­zioni. Secondo Confeserce­nti, sarebbero «633 mila i contratti a tempo determinat­o in scadenza a fine anno che rischiano di non essere rinnovati», dei quali 277 mila solo nel settore del commercio.

Il vincolo delle causali

Sono due in particolar­i le misure del decreto che aumentano vincoli e costi: l’obbligo delle causali sui rinnovi dei contratto a termine («esigenze temporanee e oggettive»; esigenze legate «a incrementi temporanei e non programmab­ili dell’attività»); il contributo aggiuntivo dello 0,5% dovuto su ogni rinnovo, che si somma a quello già introdotto dalla riforma Fornero e pari all’1,4%. Le aziende, esaurito il primo contratto a termine che resta libero da causali (purché non superi i 12 mesi), potrebbero pensarci due volte prima di rinnovare il contratto, visto che le disposizio­ni del decreto si applicano anche ai rinnovi dei contratti in corso. Più facile che chiamino un’altra persona a fare lo stesso lavoro (soprattutt­o se esso non richiede particolar­i profession­alità), evitando così costi aggiuntivi e il rischio di contenzios­o sulle causali. Per esempio, osservano gli addetti ai lavori: il decreto, fra le motivazion­i per il rinnovo del contratto, contempla le esigenze non programmab­ili. Come la mettiamo con i saldi, che ci sono ogni anno e quindi sono programmab­ili?

Licenziame­nti più cari

Dal commercio al turismo. Lancia l’allarme anche il presidente di Federalber­ghi, Bernabò Bocca: «Durante la stagione estiva lavorano nel settore del turismo più di mezzo milione di persone a tempo determinat­o, che da oggi sono esposte a una grande incertezza». Una cosa è certa, prosegue Bocca: «Si illude chi crede che questo provvedime­nto genererà anche un solo nuovo contratto a tempo indetermin­ato». Tra l’altro il decreto del ministro del Lavoro e dello Sviluppo, Luigi Di Maio, incide anche sul quest’ultimo, disponendo l’aumento delle indennità a favore del lavoratore assunto col contratto a tutele crescenti che venga licenziato senza giusta causa: il risarcimen­to, che con il Jobs act varia da 4 a 24 mesi di stipendio, sale infatti a 6 - 36 mensilità. Questo, dicono gli imprendito­ri, scoraggerà le assunzioni stabili.

Rischio vertenze

Lamentele arrivano anche dal settore degli appalti che per sua natura fa grande uso di contratti a termine. «È a rischio la flessibili­tà dell’impiantist­ica e dei servizi di efficienza energetica e facility management», dice il presidente di Assistal, Angelo Carlini, per il quale «il provvedime­nto contribuir­à ad accrescere il ricorso al contenzios­o e rappresent­a un deciso passo indietro». Nel quinquenni­o 2012- 2017, le cause di lavoro del settore privato in Italia «sono s— spiega Simone Colombo, consulente del lavoro —. Con la reintroduz­ione della causale si potrebbe tornare ai vecchi numeri». In particolar­e, le vertenze sui contratti a termine erano state 8.019 nel 2012 e solo 1.246 nel 2016. Positiva, invece, sostiene l’esperto, la riduzione da 36 a 24 mesi della durata massima dei contratti a termine perché finora si è «permesso di fatto alle aziende un periodo di prova di tre anni». Infine, sul fronte dell’agricoltur­a, il ministro Gian Marco Centinaio, conferma: «Reintrodur­remo i voucher».

Confeserce­nti L’allarme delle imprese: 633 mila contratti potrebbero non essere rinnovati

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