I PADRONI DELLA RETE PAGHINO I CONTENUTI
Caro Aldo, ieri il Parlamento e la Commissione europea si sono riunite in seduta plenaria per discutere dell’approvazione delle modifiche agli articoli 11 e 13 di una direttiva europea ormai vecchia di 2 anni. In particolare, se venisse modificato l’articolo 13 vi sarebbero molte più restrizioni sulla pubblicazione di materiale protetto da proprietà intellettuale. Non sono un utente attivo dei social quanto piuttosto un «osservatore» che ama però esprimere la propria opinione. Credo che se queste modifiche passassero, la sacrosanta libertà d’espressione che mi fa amare la democrazia verrebbe seriamente minacciata.
Lei che cosa pensa? Andrea Romano Brescia
Caro Andrea,
Alla fine il Parlamento europeo ha votato contro la direttiva sul copyright, allo scopo di rivedere l’intera materia a settembre. La mia impressione è che sia molto difficile intervenire per legge -— più ancora per direttiva europea — su questa materia. I muri digitali sono fatti per essere saltati. Si viola il sistema del Pentagono; si figuri se non si trova il modo di condividere una articolo. La strada maestra passa da un accordo tra gli editori; partendo dal fatto che ormai le piattaforme social sono diventate i più grandi editori del mondo. Che però non pagano i contenuti, fanno incetta di pubblicità, e versano malvolentieri le tasse.
Il punto è che gli autori sono ben felici di vedere le loro idee propagate dalla rete; senza che però torni loro indietro molto più di nulla. Me ne sono accorto quando nel giro di due giorni intervistai due protagonisti della vita pubblica italiana: lo scrittore più amato, Andrea Camilleri, e il miglior chef, Massimo Bottura. Camilleri era per il no al referendum istituzionale, Bottura per il sì. Camilleri fu portato in trionfo dalla rete, Bottura fu insultato e minacciato. Ma sul web il loro pensiero aveva totalmente perso spessore, profondità, complessità; era diventato un coro intonato da una tifoseria.
Non credo che sia possibile far pagare il singolo utente, o vietargli di leggere qualcosa. Credo sia giusto far pagare Facebook o Instagram, Twitter o Google. La quantità di denaro e di potere che i padroni della rete hanno concentrato in pochissime mani è ormai incompatibile non solo con l’editoria, ma con la democrazia.