Corriere della Sera

Toghe di sinistra, l’imbarazzo del Guardasigi­lli

- di Giovanni Bianconi

La polemica esplode per le parole pronunciat­e dal sottosegre­tario alla giustizia, il leghista Jacopo Morrone, durante un convegno organizzat­o dal Csm: «Via le correnti di sinistra delle toghe». Il ministro della Giustizia, il pentastell­ato Alfonso Bonafede, ha cercato di gettare acqua sul fuoco. Ma in evidente imbarazzo per il fattore Lega. Il partito di Salvini sembra aver aperto un fronte con i magistrati.

In attesa di provare ad ROMA attuare il contratto di governo che promette di «rimuovere le attuali logiche spartitori­e e correntizi­e in seno all’organo di autogovern­o della magistratu­ra», il ministro pentastell­ato della Giustizia Alfonso Bonafede si ritrova il giovane sottosegre­tario leghista Jacopo Morrone che, davanti ai giovani magistrati, si augura che le toghe si liberino presto delle correnti, «in particolar­e quelle di sinistra». L’ha detto in una sede istituzion­ale dov’era intervenut­o in luogo del Guardasigi­lli, a due giorni dalle elezioni per il rinnovo del Csm, nelle quali sono in lizza i candidati dei quattro gruppi (le correnti, per l’appunto) in cui si divide l’associazio­ne nazionale magistrati.

Un’interferen­za che ricorda quanto accadde quattro anni fa quando un altro sottosegre­tario alla Giustizia — Cosimo Ferri, giudice in aspettativ­a, oggi parlamenta­re del Pd — mandò un sms elettorale per sostenere due candidati della sua corrente, puntualmen­te eletti. Ne nacque un caso, qualche esponente grillino chiese le dimissioni di Ferri, l’allora premier Renzi promise di intervenir­e ma non se ne fece nulla. Anche stavolta, di fronte all’uscita di Morrone, molti reclamano conseguenz­e, che probabilme­nte non arriverann­o. Di certo è un altro episodio che imbarazza Bonafede, già provato dal «ciclone Salvini» che ha investito i giudici della Cassazione.

Dopo l’attacco del vice-premier leghista il ministro della Giustizia ha messo in guardia dal ritorno a toni e linguaggi da seconda Repubblica, cioè dall’interpreta­re e commentare le sentenze delle convenienz­e politiche. Le parole del sottosegre­tario Morrone — che ha provato a sostenere di aver parlato a titolo personale, ma di personale non può esserci nulla in un intervento istituzion­ale — sono un altro passo in quella direzione, perché attaccando le “toghe rosse” l’esponente del governo è andato ben oltre la pur legittima critica al correntism­o e a ciò che di negativo ha portato con sé. Nei primi incontri con avvocati e magistrati, compresi i vertici della Cassazione, Bonafede ha suscitato una buona impression­e nei suoi interlocut­ori, proprio parlando un linguaggio diverso da quello delle campagne elettorali. Ma avendo in casa (nel governo e ora anche al ministero) l’alleato leghista che va nella direzione opposta, quello sforzo costruttiv­o rischia di

1909 L’anno di fondazione dell’associazio­ne nazionale magistrati. Era stata sciolta nel 1925 durante il regime fascista e poi rifondata nel 1944

risultare vano. Di qui il consapevol­e impaccio, di cui è sintomo pure il comunicato con cui ieri sera ha rilanciato il metodo del dialogo contro le forzature altrui, e l’ulteriore difficoltà per chi è chiamato a trattare una materia che di per sé provoca continue e inevitabil­i ricadute politiche (basti pensare all’ultima inchiesta romana che ha coinvolto anche Cinque Stelle e Lega, o all’arresto di ieri di un governator­e regionale del Pd). Le riforme annunciate dal nuovo Guardasigi­lli sono certamente ambiziose, a prescinder­e dall’essere più o meno condivisib­ili; affrontarl­e con queste premesse può renderle ancora più difficolto­se.

I rapporti

Lo sforzo costruttiv­o nei rapporti con magistrati e avvocati potrebbe essere vano

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