Toghe di sinistra, l’imbarazzo del Guardasigilli
La polemica esplode per le parole pronunciate dal sottosegretario alla giustizia, il leghista Jacopo Morrone, durante un convegno organizzato dal Csm: «Via le correnti di sinistra delle toghe». Il ministro della Giustizia, il pentastellato Alfonso Bonafede, ha cercato di gettare acqua sul fuoco. Ma in evidente imbarazzo per il fattore Lega. Il partito di Salvini sembra aver aperto un fronte con i magistrati.
In attesa di provare ad ROMA attuare il contratto di governo che promette di «rimuovere le attuali logiche spartitorie e correntizie in seno all’organo di autogoverno della magistratura», il ministro pentastellato della Giustizia Alfonso Bonafede si ritrova il giovane sottosegretario leghista Jacopo Morrone che, davanti ai giovani magistrati, si augura che le toghe si liberino presto delle correnti, «in particolare quelle di sinistra». L’ha detto in una sede istituzionale dov’era intervenuto in luogo del Guardasigilli, a due giorni dalle elezioni per il rinnovo del Csm, nelle quali sono in lizza i candidati dei quattro gruppi (le correnti, per l’appunto) in cui si divide l’associazione nazionale magistrati.
Un’interferenza che ricorda quanto accadde quattro anni fa quando un altro sottosegretario alla Giustizia — Cosimo Ferri, giudice in aspettativa, oggi parlamentare del Pd — mandò un sms elettorale per sostenere due candidati della sua corrente, puntualmente eletti. Ne nacque un caso, qualche esponente grillino chiese le dimissioni di Ferri, l’allora premier Renzi promise di intervenire ma non se ne fece nulla. Anche stavolta, di fronte all’uscita di Morrone, molti reclamano conseguenze, che probabilmente non arriveranno. Di certo è un altro episodio che imbarazza Bonafede, già provato dal «ciclone Salvini» che ha investito i giudici della Cassazione.
Dopo l’attacco del vice-premier leghista il ministro della Giustizia ha messo in guardia dal ritorno a toni e linguaggi da seconda Repubblica, cioè dall’interpretare e commentare le sentenze delle convenienze politiche. Le parole del sottosegretario Morrone — che ha provato a sostenere di aver parlato a titolo personale, ma di personale non può esserci nulla in un intervento istituzionale — sono un altro passo in quella direzione, perché attaccando le “toghe rosse” l’esponente del governo è andato ben oltre la pur legittima critica al correntismo e a ciò che di negativo ha portato con sé. Nei primi incontri con avvocati e magistrati, compresi i vertici della Cassazione, Bonafede ha suscitato una buona impressione nei suoi interlocutori, proprio parlando un linguaggio diverso da quello delle campagne elettorali. Ma avendo in casa (nel governo e ora anche al ministero) l’alleato leghista che va nella direzione opposta, quello sforzo costruttivo rischia di
1909 L’anno di fondazione dell’associazione nazionale magistrati. Era stata sciolta nel 1925 durante il regime fascista e poi rifondata nel 1944
risultare vano. Di qui il consapevole impaccio, di cui è sintomo pure il comunicato con cui ieri sera ha rilanciato il metodo del dialogo contro le forzature altrui, e l’ulteriore difficoltà per chi è chiamato a trattare una materia che di per sé provoca continue e inevitabili ricadute politiche (basti pensare all’ultima inchiesta romana che ha coinvolto anche Cinque Stelle e Lega, o all’arresto di ieri di un governatore regionale del Pd). Le riforme annunciate dal nuovo Guardasigilli sono certamente ambiziose, a prescindere dall’essere più o meno condivisibili; affrontarle con queste premesse può renderle ancora più difficoltose.
I rapporti
Lo sforzo costruttivo nei rapporti con magistrati e avvocati potrebbe essere vano