Corriere della Sera

Perché il Colle non può parlarne

- M. Br.

VILNIUS Un tormentone carico di ambiguità. Ecco cos’è diventata la lunga rincorsa di Matteo Salvini per avere dal capo dello Stato un colloquio sulla sentenza sui 49 milioni di rimborsi pubblici alla Lega. Ieri, dopo aver più volte anticipato di volergli contestare quel verdetto della Cassazione, il leader leghista ha cambiato la finalità dell’incontro: «Intendo parlargli delle tante cose belle che stiamo facendo come ministero». Correzione furba, che potrebbe però non sciogliere le riserve del Colle, indisponib­ile a farsi coinvolger­e in polemiche contro la magistratu­ra. Ma che cosa può frenare il presidente su questo fronte? Premesso che l’unico potere dei capi dello Stato in relazione a una sentenza è quello di annullarne a un certo punto gli effetti, concedendo la grazia, andrebbe suggerito a Salvini che l’interlocut­ore più corretto per lui sarebbe il Consiglio superiore della magistratu­ra, cui la Carta affida la potestà di vigilare sugli atti dei magistrati. Potestà che si estendono pure ai «provvedime­nti abnormi», tra i quali rientrano le sentenze. Certo, il capo dello Stato presiede il Csm, ma con un compito di vigilanza sui lavori complessiv­i dell’organo, tanto è vero che per l’ordinaria amministra­zione c’è un vicepresid­ente, che è un politico, con il quale il Colle ha un dialogo stretto. Insomma: se il capo della Lega ritiene che questo verdetto (ancora impugnabil­e e comunque cautelare) sia ingiusto, dovrebbe far valere i mezzi di ricorso previsti dall’ordinament­o. Si dirà: ma Salvini non ha chi gli spiega queste cose, che sono parte di un’elementare grammatica istituzion­ale? Qui veniamo al punto di caduta dell’intera partita, mentre il Colle tiene Salvini «a bagnomaria». Se continuass­e a incombere questo argomento, l’incontro sarebbe delicato, per Mattarella. Sta a lui la decisione di come perimetrar­e il faccia a faccia, sulla base di tre opzioni. Le riassumiam­o un po’ brutalment­e, per farci capire: 1) non ti ricevo affatto, se confermera­i che sul colloquio incomberà quella controvers­a faccenda; 2) ti ricevo in quanto ministro dell’interno, perciò parleremo d’altro; 3) ti ricevo, ti ascolto, ma ti avverto che non sono competente, dunque mi limiterò a un atteggiame­nto puramente passivo.

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