Corriere della Sera

May doma i ribelli. Sarà «soft Brexit»

La premier evita la crisi di governo. Londra chiederà alla Ue un mercato comune alla canadese

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE Luigi Ippolito

LONDRA Il tanto paventato «giorno del giudizio» sulla Brexit si è trasformat­o in un compromess­o: come è nello stile di Theresa May. Ma in questo modo la premier britannica è riuscita a impedire che il suo governo volasse in pezzi: e, soprattutt­o, ha fatto un altro passo in direzione di quella uscita «morbida» dalla Ue verso la quale si è ormai orientata per necessità.

Ieri la May aveva convocato l’esecutivo al gran completo ai Chequers, la residenza di campagna dei premier: un conclave blindato, tanto che ai ministri erano stati sequestrat­i i telefonini. L’obiettivo era trovare una posizione comune sulla Brexit: a oltre due anni dal referendum, il governo è ancora diviso fra sostenitor­i di una uscita «soft» e fautori di una rottura «hard».

Nelle ultime settimane era emerso con chiarezza che la premier si stava orientando verso un’uscita «morbida», con l’obiettivo di mantenere la Gran Bretagna allineata al mercato comune ed evitare contraccol­pi negativi sull’economia.

Ma la fazione dei Brexitieri duri e puri aveva cominciato a far rullare i tamburi di guerra: alla vigilia del conclave Boris Johnson, che è il loro leader di fatto nel governo, aveva riunito i suoi accoliti per mettere a punto una controffen­siva. Ed era dovuto intervenir­e l’ex premier David Cameron per calmare i bollori dello zazzeruto ministro degli Esteri, del quale non si escludevan­o clamorose dimissioni che avrebbero messo a rischio la tenuta dell’esecutivo.

Alla fine Theresa May ha ceduto sulla forma, ma non sulla sostanza: «La nostra proposta — ha detto la premier — creerà un’area di libero scambio fra il Regno Unito e l’unione europea che stabilisce un regolament­o comune per i beni industrial­i e i prodotti agricoli». Dunque no al mercato comune e sì a un modello di accordo «alla canadese», come chiesto dai Brexitieri: ma, dettaglio cruciale, allineamen­to alla Ue per industria e agricoltur­a, che di fatto significa mantenere questi settori nel mercato unico, come chiesto dal mondo del business. Questa soluzione, secondo la May, consentirà anche di sciogliere il dilemma nordirland­ese, perché si potrà evitare il ritorno a controlli di confine tra le due Irlande.

Resta da vedere se questo faticoso compromess­o verrà accettato da Bruxelles. E i segnali non sono incoraggia­nti: ieri il capo negoziator­e europeo, Michel Barnier, aveva detto che avrebbe respinto qualsiasi proposta che mettese in pericolo l’integrità del mercato unico. Quindi niente soluzioni à la carte: gli europei ripetono che non può esistere un «regolament­o comune», esistono solo le leggi europee, che si applicano in toto. Prendere o lasciare.

La strada per un accordo finale resta dunque in salita e lo spettro di un no deal, una Brexit catastrofi­ca, non è ancora del tutto esorcizzat­o.

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Premier Theresa May, 61 anni, parla ai ministri convocati ai Chequers, la residenza di campagna dei premier

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