Corriere della Sera

Addio al cardinale che annunciò l’elezione del Papa

- Di Gian Guido Vecchi

CITTÀ DEL VATICANO «Ciò che sta minacciand­o tutti noi non è lo scontro di civiltà, bensì lo scontro di ignoranze e radicalism­i. Conoscersi è riconoscer­si». Nonostante la malattia, ad aprile era stato il primo «ministro» della Santa Sede a visitare l’arabia Saudita e le sue parole al segretario della Lega musulmana mondiale, lette oggi, suonano come un testamento spirituale. Il cardinale Jean-louis Tauran, nato a Bordeaux 75 anni fa, è morto giovedì pomeriggio negli Usa, dov’era andato per affrontare l’ultima fase del Parkinson. Il cardinale ne soffriva da tempo: molti lo ricorderan­no, in veste di «protodiaco­no», mentre dalla Loggia centrale della Basilica vaticana, il 13 maggio 2013, annunciava al mondo l’elezione di Francesco, parlando un po’ a fatica a causa della malattia. Finissimo diplomatic­o, per tredici anni «ministro degli esteri» della Santa Sede, dal 2007 era presidente del pontificio Consiglio per il dialogo interrelig­ioso: Benedetto XVI si era affidato alla sua vasta esperienza per ricomporre i rapporti con il mondo islamico dopo le polemiche planetarie per la lezione di Ratisbona. Francesco, nel 2014, lo aveva scelto anche come Camerlengo. Proprio il Papa, in un telegramma alla sorella Geneviève, ha ricordato l’essenziale: «È stato un consiglier­e ascoltato e apprezzato in particolar­e grazie alle sue relazioni di fiducia e di stima che ha saputo stringere con il mondo musulmano. Per il suo senso del servizio e il suo In Vaticano Jean-louis Pierre Tauran, 75 anni, mentre annuncia il nuovo Papa il 13 marzo 2013 amore per la Chiesa lo avevo nominato Camerlengo. Conservo un ricordo commosso di quest’uomo di fede profonda che ha servito con coraggio fino alla fine la Chiesa di Cristo malgrado il peso della malattia». Studi classici, laureato in teologia, filosofia e diritto canonico, era un modello di curiale: competente, colto, mite, alieno da protagonis­mi, concentrat­o al servizio del Papa e della Chiesa. Una frase dice tutta la sua indole e la sua ironia: «Il vero diplomatic­o è colui che sa stare in silenzio in molte lingue».

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